L'indirizzo dove Ilaria Salis si trova ai domiciliari a Budapest «pubblicato su un sito di estrema destra ungherese» con una dedica «speciale» e l'inquietante offerta di una «cosina gradita».

Sono le minacce rivolte a Ilaria Salis, secondo la denuncia di Giuristi democratici, designati osservatori internazionali al processo in corso all'insegnante lombarda, detenuta in Ungheria da oltre tredici mesi e da pochi giorni agli arresti domiciliari nella capitale magiara, perchè accusata di aver preso parte a un’aggressione a due militanti neonazisti. 

«Un effetto prevedibile e previsto, riteniamo, che rende di una gravità inaudita quanto avvenuto in aula d'udienza lo scorso 24 maggio», quando il giudice ha letto ad alta voce l'indirizzo “segreto” di Salis», aggiungono i Giuristi democratici in una lettera aperta alle istituzioni e alle rappresentanze diplomatiche italiane in Ungheria, con un invito all'attenzione e alla mobilitazione a tutela della 39enne.

«L'incolumità di Ilaria Salis è una priorità che tutte e tutti dobbiamo necessariamente mettere all'attenzione pubblica e delle autorità competenti. Quanto è purtroppo già avvenuto e continua a minacciare Ilaria è inaccettabile - sottolineano i Giuristi democratici - e richiede un intervento immediato, preciso ed efficiente a tutela di una nostra connazionale già duramente colpita da trattamenti inumani e degradanti statuali ed oggi esposta dalla stessa autorità giudiziaria al pericolo di essere oggetto di altri trattamenti lesivi e degradanti ad opera di militanti neonazisti».

«Per questo – conclude la nota - chiediamo che le nostre autorità provvedano finalmente e tempestivamente in ogni modo possibile a tutelare dignità ed incolumità di Ilaria in Ungheria, nella speranza che possa uscire da questo incubo e da quel paese nel minor tempo possibile, tornando nell'Europa degna di questo nome, perché eletta nel Parlamento Europeo, a cui è stata candidata da Alleanza Verdi Sinistra, e comunque in esecuzione della Decisione Quadro del Consiglio d'Europa per l'applicazione delle misure alternative alla detenzione nel paese d'origine dei cittadini Ue».

(Unioneonline)

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