«Per servire il suo Paese, il presidente Biden dovrebbe lasciare la corsa»: e' il titolo dell'editoriale del board del New York Times dopo la disastrosa performance del candidato dem alla Casa Bianca nel duello tv con Donald Trump. «Biden - si legge nel fondo - ha affermato di essere il candidato con le migliori possibilità di affrontare questa minaccia di tirannia e di sconfiggerla. La sua argomentazione si basa in gran parte sul fatto di aver battuto Trump nel 2020. Ma questa non è più una motivazione sufficiente per spiegare perché Biden dovrebbe essere il candidato democratico quest'anno».

«Nel dibattito di giovedì – si legge - il presidente aveva bisogno di convincere il pubblico americano di essere all'altezza delle formidabili richieste della carica che sta cercando di ricoprire per un altro mandato. Tuttavia, non ci si può aspettare che gli elettori ignorino ciò che era invece evidente: Biden non è più l'uomo che era quattro anni fa».

Giovedì sera, scrive il Nyt, «il presidente è apparso come l'ombra di un grande servitore pubblico. Ha faticato a spiegare cosa avrebbe realizzato in un secondo mandato. Ha faticato a rispondere alle provocazioni di Trump. Ha faticato per chiedere conto a Trump delle sue bugie, dei suoi fallimenti e dei suoi piani agghiaccianti. Più di una volta ha faticato ad arrivare alla fine di una frase». La conclusione: «Il più grande servizio che può rendere ora è annunciare che non continuerà a correre».

La performance del presidente, argomenta il Nyt, «non può essere liquidata come una brutta serata (come ha detto Obama, ndr) o attribuita a un presunto raffreddore, perché conferma preoccupazioni che sono andate crescendo per mesi o addirittura anni. Anche quando Biden ha provato a presentare le sue proposte politiche, è inciampato. Non può essere controbilanciato da altre apparizioni pubbliche perché ha limitato e controllato attentamente le sue apparizioni pubbliche. La verità che Biden deve affrontare ora è che ha fallito il suo stesso test».

LA PERFORMANCE

Voce roca, sguardo nel vuoto, frasi sconnesse, rigidità nei movimenti. La performance dell'81enne Joe Biden al primo duello tv contro Donald Trump è stata un "disastro", uno "spettacolo doloroso", tanto da oscurare le numerose bugie del suo rivale e gettare nel panico i democratici, costringendoli ad interrogarsi sull'opportunità di cercare un'alternativa in quella che sarebbe una corsa contro il tempo in una convention aperta senza precedenti.

Ma l’unico che può spianare la strada a una sostituzione in corsa è proprio lui, il vecchio Joe. Che non ha intenzione di farsi da parte, nonostante i numerosi autorevoli appelli: «Intendo vincere queste elezioni», ha messo in chiaro tenendo l'indomani un comizio in North Carolina. «Non dibatto bene come un tempo - ha ammesso - ma so come fare questo lavoro», ha assicurato. «So che non sono giovane ma so dire la verità», ha continuato attaccando nuovamente Trump per le sue menzogne.

L'orgoglioso e testardo Biden quindi non getta la spugna. I vertici del partito e gli eletti cercano di fare quadrato, almeno ufficialmente. Lo difendono la sua vice Kamala Harris, i leader dem di Camera e Senato, l'ex speaker Nancy Pelosi. Ma privatamente dirigenti, operativi (e una fetta della base) pensano che l'imbarazzante performance del presidente ipotechi la vittoria del tycoon, già in vantaggio nei sondaggi sia a livello nazionale che in sei dei sette Stati chiave in bilico. E discutono della possibilità di cambiare cavallo. Ma avendo già stravinto le primarie, dovrebbe essere Biden stesso a fare un passo indietro, eventualmente convinto dalla moglie Jill e dal suo entourage più stretto.

In questo caso ad agosto a Chicago si aprirebbe lo scenario di una 'brokered' convention, dove i delegati - impegnati ma non vincolati - potrebbero votare un altro candidato tra quelli che si farebbero avanti in queste poche settimane. La prima erede al trono è la vice Kamala Harris, che però è meno popolare di Biden. La lista dei possibili sostituti comprende vari governatori, da Gavin Newsom (California) a J.B Pritzker (Illinois) e Gretchen Whitmer (Michigan), anche se resta la suggestione di Michelle Obama (con tanto di hashtag sulla rete), che finora ha sempre respinto ogni tentazione.

(Unioneonline)

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