I dazi di Donald Trump: politica economica o strategia politica?
La nuova fase delle relazioni commerciali americane, e gli effetti sul lungo periodoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Stando a quanto riportato dai Media, il Presidente Americano Donald Trump sembrerebbe aver annunciato che da qui a poco potrebbe imporre dei dazi anche contro l'Unione Europea. Se così dovesse essere, se ne dovrebbe dedurre che siccome l'Italia è parte integrante e Paese Fondatore dell'Unione Europea, in potenza, ma anche in atto, i cosiddetti possibili dazi americani rivolti contro il Vecchio Continente non potrebbero non interessare anche il nostro Paese.
Donald Trump, peraltro, ha annunciato di aver firmato l'ordine per i dazi straordinari nei confronti di Messico, Cina e Canada: precisamente, sembrerebbe che i dazi saranno nella misura percentuale del 25% sulle importazioni da Canada e Messico e nella misura percentuale del 10% sui beni provenienti dalla Cina. Durissima sembrerebbe essere stata la reazione da parte dei due maggiori partner commerciali degli Stati Uniti, Messico e Canada, che nei fatti, come da più parti rilevato, potrebbe rimettere in discussione un rapporto commerciale di lunga data e che potrebbe ben indurre reazioni di contrappeso da parte di queste due nazioni.
Difficile rinvenire una spiegazione sul piano logico. Che questa sarebbe stata l'età dell'oro dell'America, lo aveva annunciato Donald Trump durante il suo discorso di insediamento, e probabilmente, la sua visione in termini di macroeconomia del mondo, ben potrebbe rappresentare, a ragione o a torto, il presupposto ideologico del suo programma. Ammesso e non concesso che siffatta visione possa trovare piena attuazione considerate le conseguenze di quello che potrebbe, forse, presentarsi, come un effetto “boomerang”. Se poi possa trattarsi di una mossa strategica finalisticamente diretta ad ottenere vantaggi sul piano politico ma destinata ad affievolirsi con il trascorrere del tempo, ovvero di un meccanismo diretto al protezionismo puro e semplice, sarà probabilmente il tempo a dirlo. Ma a ben considerare non sarebbe forse utile sorprendersi più di tanto, visto e considerato che, già durante la sua prima esperienza da Presidente degli Stati Uniti d’America, tra il 20 gennaio 2017 e il 20 gennaio 2021, Donald Trump si era di fatto contraddistinto per aver adottato politiche commerciali stringenti proprio attraverso la misura del “dazio” di antico sapore, se così possa definirsi, comunemente inteso quale imposta diretta sui consumi, di riscossione mediata, che colpisce la circolazione dei beni da uno stato all’altro. Ma, dicendolo diversamente, e conducendo il discorso sul piano delle conseguenze, una politica commerciale di carattere ed impronta autoreferenziale, quale appunto quella annunciata da Donald Trump, non potrebbe che condurre a quella politica ulteriore che parrebbe apparire come la più logica delle conseguenze. Quella per cui (si perdoni il gioco di parole), in buona sostanza, nell’ipotesi in cui tutti i Paesi, costretti dalla necessità di far fronte alla contingenza del momento (che ben potrebbe - l’uso del condizionale appare doveroso - definirsi nei termini di guerra commerciale degli Stati Uniti d’America) impiegassero quale legge del contrappasso la medesima visione economica del mondo e si risolvessero nel senso di controbilanciare il dazio di Trump attraverso la adozione di politiche analoghe, potrebbe configurarsi quasi una condizione di crisi generale e generalizzata.
Tradotto in soldoni, e per intenderci: su chi dovrebbe ricadere alla fine il costo del dazio? Sul consumatore finale dei prodotti? Probabile, con la conseguenza, forse, di far vacillare il rapporto di fiducia tra Donald Trump ed il suo stesso elettorato. Con ogni conseguenza sul piano politico. E se così fosse, chi mai, nel medio e lungo periodo, potrebbe trarre giovamento da una politica economica di siffatto tenore?
Con la seconda Presidenza di Donald Trump sembrerebbe essersi aperta una nuovissima fase per le relazioni commerciali di ordine internazionale in cui l’instabilità e l’assenza di certezze sembrerebbe farla da padrone. I passati schematismi, la cristallizzazione delle relazioni e la certezza degli e negli scambi, appaiono come paradigmi se non superati, comunque in via di rapidissimo superamento. La diversificazione dei partner commerciali al di là delle alleanze potrebbe costituire, forse, una prima risposta nel medio periodo soprattutto per l’Unione Europea di Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, e Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea.
Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro