Stop per il principe Harry alla scorta della polizia per lui e la famiglia durante i soggiorni nel Regno Unito.

L'Alta Corte di Londra ha infatti respinto il ricorso presentato a suo tempo dagli avvocati del secondogenito di re Carlo III contro la decisione del ministero dell'Interno britannico di negargli la protezione degli agenti di Scotland Yard in seguito all'abbandono del suo ruolo di membro senior "attivo" della Royal Family, dopo il traumatico strappo dalla dinastia nel 2020 e il trasferimento con la consorte Meghan negli Stati Uniti.

Non è la prima volta che il duca di Sussex tramite i suoi legali fallisce nel tentativo di convincere i giudici del Regno della necessità di avere questo tipo di tutela. Lo scorso maggio sempre l'Alta Corte gli aveva negato anche il diritto di pagarsi di tasca propria una scorta di polizia, sposando la motivazione del comitato governativo per la protezione dei reali e dei personaggi pubblici (noto come Ravec), che aveva contestato come irrituale la pretesa di ingaggiare privatamente la forza pubblica.

Quindi restano valide le disposizioni dell'Home Office, secondo cui gli apparati sono tenuti ad assicurare ai duchi di Sussex - dato il loro status attuale - una tutela pubblica solo di volta in volta e in base a proprie valutazioni su eventuali necessità.

Nel suo dispositivo - ultimo atto di un procedimento snodatosi in numerose udienze, alcune alla presenza dello stesso principe ribelle - il giudice Peter Lane non è entrato nel merito delle motivazioni invocate dai legali di Harry, limitandosi a decretare che la decisione del ministero dell'Interno "non è stata irrazionale", né viziata da una "manifesta ingiustizia".

La risposta del principe non si è fatta attendere: ha fatto sapere di essere intenzionato a ricorrere in appello nel tentativo di ribaltare il verdetto. In un comunicato si afferma che «il duca non chiede un trattamento preferenziale» ma un'applicazione giusta e legittima delle regole, e si fa riferimento a una mancata analisi ad hoc, da parte del Ravec, sui rischi potenziali per i Sussex.

Harry, nei suoi più recenti viaggi nel Regno (inclusa l'ultima visita lampo fatta a suo padre poche ore dopo essere stato informato del cancro diagnosticato a inizio febbraio al re Carlo) si è fatto proteggere da una scorta privata da lui stesso pagata. Ma la questione della sua sicurezza, da possibili minacce varie, ma anche dalle intrusioni attribuite a tabloid britannici e paparazzi, è un tema molto sensibile per il principe cadetto, sia per il trauma della morte di sua madre Diana, che perse la vita nel tragico incidente automobilistico del tunnel dell'Alma, a Parigi, nel 1997, in fuga da un ultimo inseguimento notturno di torme di fotografi, sia per quanto successo a lui e alla moglie di recente. Proprio oggi infatti la polizia americana ha affermato che possiede le prove sufficienti per arrestare due persone per quell'inseguimento "quasi catastrofico" a New York, come lo avevano denunciato lo scorso maggio i Sussex, da parte dei paparazzi. Notizia che fa cadere le accuse velenose avanzate dai tabloid inglesi contro i duchi per aver drammatizzato quanto a loro successo lungo le strade della metropoli Usa.

Intanto il "no” alla scorta arrivato dalla giustizia britannica non può che ostacolare Harry sulla strada di un possibile ritorno a un ruolo part-time a servizio della corona, in questo momento di grande necessità vista la malattia di Carlo e la lunga convalescenza di Kate dopo l'operazione all'addome, che era emerso nei giorni scorsi sulle pagine del Times secondo le dichiarazioni di fonti vicine al sovrano e alla regina Camilla da un lato, e ai duchi dall'altro. 

(Unioneonline/v.l.)

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