Stando alle recentissime dichiarazioni di Donald Trump riportate dai media, e successive agli attacchi portati avanti nei giorni scorsi da Kiev, "Putin è stato colpito duro e colpirà duro". Quindi, traducendo il concetto in soldoni, l’ipotesi del raggiungimento della pace in Ucraina appare ancora distante. La mediazione di Washington tra Mosca e Kiev non ha dato finora i risultati sperati e fortemente attesi, e il disimpegno americano (perlomeno tale sembrerebbe apparire) sulle sorti dell’intera vicenda sembra aleggiare nell’aria. L’ipotesi di una trattativa nel breve termine probabilmente si allontana. Eppure, nel vivo della sua campagna elettorale, solo qualche mese fa, Donald Trump sosteneva convintamente che se fosse stato lui Presidente, la Russia non avrebbe mai invaso l’Ucraina, quasi a significare (senza tuttavia spiegarne il perché) che la sua sola presenza a Washington avrebbe potuto distogliere Vladimir Putin dall’intraprendere il conflitto. Sosteneva pure, sempre durante la campagna elettorale, che, una volta re-insediatosi alla Casa Bianca, sarebbe stato in grado di riportare la pace nell’arco di ventiquattro ore. Quali fossero gli elementi a sua disposizione per poter rilasciare dichiarazioni di quella consistenza non è dato sapere. In particolare, oggi come oggi, sulla prima affermazione, non avendo capacità divinatorie, nulla poteva in realtà dire al riguardo, perché nel febbraio 2022 l’inquilino della Casa Bianca era Joe Biden con tutto ciò che ne è conseguito. Sulla seconda, invece, si può unicamente rilevare che le annunciate ventiquattro ore dal momento della sua proclamazione (per ricordarlo 20 gennaio 2025) sono trascorse e che la guerra ancora perdura più aspra che mai. Potrà sembrare una riflessione scontata per essere facilmente apprezzabile dalla collettività, ma gli sviluppi recentissimi del conflitto, con l’ipotesi di una pace immediata sempre più lontana, qualche interrogativo tutt’altro che suggestivo dovrebbero ispirarlo. Tanto più allorquando il processo decisionale abbia interessato, ed investa tutt’ora, direttamente la Russia e gli Stati Uniti d’America lasciando in una posizione quasi marginale (questa almeno l’impressione che se ne ricava) tanto l’Ucraina quanto l’Unione Europea. Quasi a voler sottolineare l’irrilevanza sul piano internazionale delle stesse. Se così fosse, ci si ritroverebbe davanti ad un paradosso: quello per cui l’Ucraina, in assenza di garanzie sulla propria sicurezza prossima e ventura, nulla o quasi avrebbe da guadagnare rispetto ad un cessate il fuoco sia pure immediato, e l’altro per cui, alla situazione data, la Russia potrebbe rinforzare l’interesse alla prosecuzione del conflitto. Con ogni conseguenza anche solo potenziale sul piano delle relazioni geopolitiche con i maggiori player internazionali come ad esempio la Cina. L’attuale politica estera statunitense sembrerebbe, allo stato, ancora in fase di definizione e, per quanto appaia, di fatto lontana da quelli che finora sono stati gli assetti consolidati e le storiche alleanze. La circostanza, pertanto, al di là del suo imprinting destabilizzante, potrebbe essere utile per comprendere la linea strategica di Donald Trump maggiormente improntata al pragmatismo e sicuramente meno interventista rispetto a quella del suo predecessore nel contesto del conflitto russo-ucraino e che, invero, sembrerebbe voler privilegiare il dialogo diretto tra Mosca e Kiev rispetto al quale, quest’ultima, potrebbe ritrovarsi in una posizione di maggiore difficoltà. Sembrerebbe, e l’uso del condizionale è doveroso, che la mediazione finora intrapresa da Washington, malgrado le buone intenzioni, abbia in qualche modo allontanato (forse) la prospettiva di giungere alla cessazione del conflitto. Peraltro è appena il caso di riflettere sugli effetti della frattura interna venutasi a determinare nei rapporti tra lo stesso Donald Trump ed Elon Musk. Intanto, perché il contributo di Elon Musk nel garantire l’attuale potere, la stabilità e il consenso di Donald Trump sembra essere stato determinante. Quindi, perché, di conseguenza, il suo venir meno, potrebbe financo incidere in maniera importante sul piano della forza internazionale della figura dell’attuale inquilino della Casa Bianca limitandone l’appeal, e quindi, la capacità di intervenire in maniera determinante sulle questioni maggiormente critiche, tra cui appunto il conflitto russo-ucraino.

Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro

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