Palestina chiama Occidente: due popoli due Stati subito
Morti e devastazioni nella Striscia ma si continua a discorrere di negoziati in un clima quasi surreale(Ansa)
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Emmanuel Macron ha voluto annunciare che la Francia, il primo tra i Paesi del G7, riconoscerà lo Stato di Palestina nel mese di settembre del corrente anno, ossia, per essere quanto più precisi, in occasione della riunione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York.
Si tratta di determinazione giusta, necessaria e doverosa: visto e considerato che, alla attualità, ben cento quaranta due Paesi Membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite già riconoscono appunto la Palestina come uno Stato. Vero è, che tra i ridetti cento quaranta due Membri sembrerebbero mancare ancora la gran parte dei Paesi Occidentali. Sul versante opposto, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, nell’esprimere la condivisione dei contenuti dell'annuncio del Presidente francese Emmanuel Macron sulla decisione di riconoscere lo Stato di Palestina, ha a sua volta dichiarato, stando a quanto sia stato possibile apprendere dalle Agenzie di Stampa, che “la Russia ha sempre sostenuto la soluzione a due Stati, Israeliano e Palestinese, per mettere fine al conflitto in Medio Oriente”, siccome siffatta soluzione, sarebbe già enunciata “su tutte le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu”.
Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita in argomento, ha dichiarato che "il riconoscimento dello Stato di Palestina, senza che ci sia uno Stato della Palestina, possa addirittura essere controproducente per l'obiettivo". In buona sostanza, sembrerebbe, che, con riferimento specifico alla posizione italiana, che è pure quella degli Stati Uniti d’America salvo cambiamenti dettati dalle circostanze correnti, si ritenga che la prospettata soluzione “due Popoli due Stati”, si debba realizzare e costruire attraverso i negoziati tra israeliani e palestinesi nell'ottica dei due Stati.
Nulla quaestio, taluno potrebbe considerare. Sembrerebbe trattarsi, sul piano ideale, di posizioni tutte quante legittime nella loro articolazione. Se solo non fosse che, nella situazione data e riportata drammaticamente dai media alla attenzione generale, discorrere di negoziati potrebbe apparire quasi surreale. Insomma, se all’indomani del 7 ottobre 2023, gli Stati storicamente alleati di Israele, hanno “abbracciato” il paese per essere stato aggredito da Hamas. Se, quegli stessi storici alleati, avevano ritenuto che la reazione armata del governo Netanyahu si configurasse quale risposta necessaria per garantire la sicurezza di Israele, a distanza di ben quasi due anni, probabilmente, quella stessa “reazione” non appare più tale.
I continui attacchi perpetrati da Israele sulla Striscia di Gaza sembrerebbero apparire (il condizionale cautelativamente si impone) finalisticamente orientati e diretti a scongiurare definitivamente ogni e qualsivoglia ipotesi di appianamento politico alla cosiddetta questione palestinese: ossia, per essere chiari, la creazione e il riconoscimento formale di uno Stato palestinese accanto a quello israeliano. Dicendolo ancora diversamente: se anche la decisione annunciata da Emmanuel Macron non possa considerarsi risolutiva nel senso pieno del termine, tuttavia, va condivisa dai Paesi Europei singolarmente e dall’Unione Europea nel suo complesso, siccome rappresenta, ed esprime, la ferma condanna per il progetto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il quale, attraverso la disposizione finalizzata alla ripresa di aiuti annunciando, nel contempo, e da ultimo, tregue umanitarie, non può pensare di superare la pressione internazionale diretta ad ottenere il cessate il fuoco. Nessuna “guerra difensiva” può giustificare la perdita di tante vite umane.
Giuseppina Di Salvatore