Cina, 50 anni fa la Rivoluzione Culturale di Mao Tse-Tung. Ma i media del Paese non ne parlano
Il 16 maggio di 50 anni fa il presidente Mao Tse-Tung lanciò la Rivoluzione Culturale, la campagna di "pulizia" del Partito comunista cinese da tutti gli "elementi boghesi infiltrati nel governo e nella società".
Una decisione che sconvolse la Cina per dieci anni, fino alla morte del Grande Timoniere nel 1976.
Oggi, però, i media ufficiali praticamente non ne parlano e sui social media ogni riferimento a quegli anni è stato cancellato.
Un mese fa, inoltre, a professori e accademici sarebbe stata inviata una nota che vieta ogni discussione sul tema.
Nel 1966, sotto la guida di Mao, le Guardie Rosse distrussero templi e scuole, mentre i figli denunciavano i genitori, gli allievi picchiavano gli insegnanti e li cacciavano dalle aule, gli intellettuali venivano esiliati.
Fu un periodo di caos, dove bastava la denuncia di un vicino per essere etichettati come "nemici di classe".
Secondo alcune stime, in quei dieci anni fra 1,5 e 1,8 milioni di persone furono uccise o spinte al suicidio.
I perseguitati politici furono 36 milioni, molti dei quali destinati alla "rieducazione" in remote località rurali o rinchiusi in carcere.
La Rivoluzione Culturale fu anche segnata da un vero e proprio culto della personalità attorno a Mao, che ne approfittò per epurare tutti i rivali interni.