Il "Liberation Day” di Donald Trump lascia la Borsa di Milano a picco per la terza seduta consecutiva con perdite, poi rientrate a -5,18% in chiusura, fino a oltre il 7%. E l'incertezza fa volare lo spread fin sopra 130, ai massimi di novembre: gli investitori non colgono l'invito della politica a evitare "allarmismo" e temono per la crescita dell'Italia, particolarmente esposta all'export verso gli Usa, con il Def di prossima pubblicazione che dovrà operare una revisione al ribasso rispetto alle stime di settembre. E fare i conti con le categorie economiche che chiedono aiuti.

Bankitalia e Confindustria avevano già anticipato una crescita di appena lo 0,6%, dimezzata rispetto all'1,2% del Piano strutturale di bilancio. Una valutazione che non prende in considerazione gli effetti di ritorsioni commerciali, incertezze, risposta dell'Europa con un negoziato che è appena agli inizi. C'è un osservato speciale che è lo yuan cinese, dove una svalutazione da parte di Pechino come risposta ai dazi al 34% di Trump darebbe una sterzata drammatica alla guerra commerciale. E c'è l'effetto impoverimento per le famiglie con Piazza Affari in caduta libera, zavorrata dal forte peso delle banche arrivate a perdere il 12%. 

Il vertice Ue

Intanto la prima riunione dei ministri dei 27 sui dazi imposti da Donald Trump rilancia una "inaspettata" unità dei Paesi membri dell'Ue. La linea preferenziale resta quella del negoziato. Anzi, un'offerta è già sul tavolo della Casa Bianca: applicare, reciprocamente, zero tariffe sui beni industriali. È un'offerta avanzata ben prima del 2 aprile, finora invano. Ed è qui che subentra l'altra faccia della strategia Ue: il via libera ai primi controdazi, che scatteranno il 15 aprile con tariffe sui prodotti americani fino al 25%, come (secondo quanto riporta l’Ansa) si legge nella bozza del documento della Commissione. Gran parte delle tariffe è al 25% ma per diverse categorie i dazi saranno al 10%. 

La riunione del Consiglio Commercio è servita innanzitutto a delineare l'immagine di un'Europa compatta, fiduciosa dei suoi mezzi, consapevole che i dazi, per Trump, rischiano di essere un autogol. Un primo risultato concreto è stato raggiunto: il via libera politico alla lista dei controdazi decisa dalla Commissione il 12 marzo, come risposta alle tariffe americane su acciaio e alluminio.

La lista viene spaccata in due tranche: una prima, minoritaria entrerà in vigore il 15 aprile. Una seconda, più corposa, sarà operativa il 15 maggio. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, volato a Lussemburgo proprio per la delicatezza del dossier, ha tentato la carta del rinvio. Ma per la stragrande maggioranza dei 27 e per Palazzo Berlaymont, il dato ormai è tratto. «Un rinvio è impossibile, seguiremo la procedura legale», ha sottolineato il commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic. Da qui al 15 maggio, tuttavia, c'è un'eternità. Ed è in questo lasso di tempo che Bruxelles cercherà una soluzione negoziale.

«Abbiamo offerto tariffe zero per zero per i beni industriali, come abbiamo fatto con successo con molti altri partner commerciali, perché l'Europa è sempre pronta per un buon affare», ha annunciato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La mossa di Bruxelles concerne innanzitutto sei settori: auto, farmaceutica, chimica, plastica, gomma, macchinari. Ed è una mano che resta tesa, sebbene finora Washington non l'abbia voluta stringere. L'offerta, rivoluzionerebbe il mercato Ue-Usa andando a resuscitare il Ttip (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti) finito nel cassetto nel 2016 dopo lunghe polemiche. Il sostegno dei 27, almeno in queste prime battute, sembrerebbe esserci, Italia inclusa.

Meloni da Trump

Intanto la premier Giorgia Meloni è convinta dell'utilità di volare al più presto a Washington per affrontare la questione dei dazi direttamente con Donald Trump. Non sarebbe però una fuga in avanti solitaria dell'Italia, che sostiene l'Ue nella trattativa con gli Usa. Lo ha chiarito anche Antonio Tajani al consiglio europeo Affari esteri: l'appuntamento alla Casa Bianca potrebbe essere confermato a breve, e dovrebbe essere fissato all'inizio della prossima settimana, prima del viaggio a Roma del vicepresidente americano JD Vance.

Meloni starebbe spingendo per incontrare Trump, anche perché all'interno del suo governo è forte la sensazione che si stia aprendo lo spazio per una negoziazione fra le due sponde dell'Atlantico. Le reazioni negative dei mercati sono evidenti e perdurano ovunque. Negli Stati Uniti monta la protesta contro le scelte protezionistiche del presidente. E in Europa c'è «una posizione maggioritaria per avanzare una trattativa», ha spiegato Tajani, reduce dal summit a Lussemburgo dove, ha assicurato, «non è stata messa sul tavolo» la risposta aggressiva proposta dalla Francia. 

(Unioneonline)

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