Neanche un infarto patito da suo padre è servito ai giudici britannici per concedere altro tempo ad Archie, il 12enne in coma a cui medici e tribunali del Regno Unito vogliono staccare la spina nonostante la disperata opposizione della famiglia.

Le prospettive di ripresa per gli specialisti sono pari a zero, per questo la Corte d’appello di Londra ha rigettato un estremo ricorso dei genitori, dopo i verdetti di primo e secondo grado che il 13 giugno e il 15 luglio avevano autorizzato la fine della ventilazione assistita.

Verdetti che, come in altri casi analoghi avvenuti nel Regno, hanno dato ragione alle indicazioni dei sanitari e torto alle richieste del padre e della madre. E che i giudici d’appello hanno confermato di nuovo oggi, rifiutandosi di ammettere l’istanza dei familiari che chiedevano un ulteriore esame di merito.

La speranza di un risveglio per i giudici è da considerarsi “esaurita” ed è “nell’interesse del bambino accorciare l’agonia” che dura ormai da mesi. Hanno però fissato una proroga di 48 ore per consentire ai genitori di rivolgersi eventualmente alla Corte europea di Strasburgo dei diritti dell’uomo.

Il collegio giudicante ha ammesso l'angoscia di trovarsi di fronte ad “una tragedia di portata incommensurabile”. Il dispositivo è stato emesso tuttavia in termini categorici e senza rinvii, malgrado l'avvocato Edward Devereux avesse chiesto in apertura di aggiornare l'udienza odierna evocando un attacco di cuore subito nelle ore precedenti dal papà di Archie, Paul, ricoverato in ospedale.

Archie Battersbee, bel ragazzino biondo di 12 anni, è stato trovato privo di conoscenza in casa a Southend, nell'Essex, il 7 aprile, dalla mamma: aveva una corda attorno al collo, forse per una tragica sfida online con gli amici.

Il piccolo attende ignaro la sua sorte in una camera del Royal London Hospital: in coma profondo, come sostiene l'equipe che si occupa di lui, stando alla quale una diagnosi irreversibile di morte delle cellule cerebrali appare "altamente probabile" da maggio. Ma ancora presente in qualche modo, nella convinzione incrollabile di papà Paul e di mamma Hollie, separati da tempo, ma uniti in questa battaglia.

"Non mi basta una diagnosi di morte probabile", le parole della mamma.: "Sono devastata e disgustata dall'atteggiamento dei giudici e dei medici", visto che "il cuore di Archie batte ancora" e che lui "mi ha stretto la mano". 

(Unioneonline/L)

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