Anche la Procura di Roma scende in campo per fare giustizia sulla strage del Moby Prince.

Il procuratore capo Giuseppe Pignatone, ricevendo i familiari della vittime del più grave incidente della marineria italiana dal secondo dopoguerra, in cui morirono 140 persone, ha fatto sapere di avere acquisito agli atti la relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla tragedia, resa pubblica il 24 gennaio 2018 in Senato dall'allora presidente Silvio Lai.

Lo scorso 23 gennaio - ma la notizia è emersa solo oggi - il procuratore capo assieme all'aggiunto Luca Lotti ha comunicato ai rappresentanti delle associazioni dei familiari delle vittime l'intenzione della Procura capitolina di valutare eventuali reati.

All'incontro erano presenti Angelo e Luchino Chessa, in rappresentanza dell'associazione "10 aprile - familiari vittime Moby Prince Onlus", assistiti dai loro avvocati Carlo Melis Costa e Stefano Taddia.

Un corteo dei familiari delle vittime (Ansa)
Un corteo dei familiari delle vittime (Ansa)
Un corteo dei familiari delle vittime (Ansa)

Pignatone, informa una nota diffusa dall'associazione, ha puntualizzato che "i reati colposi emersi nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta allo stato attuale sono tutti prescritti". Ma ha anche ribadito che "tutto quello che è stato acquisito in occasione delle audizioni da parte della Commissione verrà valutato e nel caso si prefigurino reati di falsa testimonianza o reticenza la Procura potrà procedere con l'apertura di un fascicolo".

"Dopo un anno dalla chiusura dei lavori della Commissione, la cui relazione ha ribaltato in modo straordinaria le verità processuali del passato, i familiari delle vittime hanno finalmente la reale speranza di giungere alla verità e di avere giustizia", commentano Luchino Chessa e Loris Rispoli, presidente dell'associazione 140, un'altra onlus che si batte per la verità su quella tragedia che i familiari delle vittime (molte di loro erano sarde) aspettano ormai da quasi 28 anni (la tragedia è datata 10 aprile 1991).

Nei mesi scorsi anche la Procura di Livorno ha avviato una nuova inchiesta.

(Unioneonline/L)
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