La polizia aveva trovato nel suo appartamento quasi un chilo di marijuana e in primo grado la donna, un'insegnante di 52 anni, era stata condannata a 16 mesi, sentenza ora ribaltata in appello con l'assoluzione con formula piena perché la difesa ha dimostrato che lo stupefacente che deteneva, e soprattutto coltivava nel suo appartamento di Milano, era destinato ad uso personale, nello specifico per trovare sollievo dai dolori lancinanti causati da una patologia cronica.

Gli agenti, come spiega oggi il Corriere nelle pagine della cronaca locale, erano arrivati nella sua casa, al quartiere Casoretto, dopo una serie di segnalazioni anonime che, si legge negli atti del processo, avevano denunciato che lì dentro girava tanta erba. Dalla perquisizione erano emerse foglie di cannabis triturate e confezionate in pacchettida 740 grammi e tre piante con relativo apparato di irrigazione.

Al processo, il legale aveva sostenuto che lo stupefacente era utilizzato dalla sua assistita per sopportare dolori e spasmi, come peraltro le aveva prescritto un medico. L'avvocato aveva anche prodotto una perizia medico-legale, ma era arrivata la condanna.

Durante l'appello il legale ha richiesto e questa volta ottenuto l'assoluzione basandosi anche su una sentenza della Cassazione. Per la professoressa, quindi, "il fatto non sussiste". 

(Unioneonline/v.l.)

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