Nove anni e 6 mesi per omicidio volontario aggravato.

È la condanna chiesta dal pm di Milano Nicola Rossato nei confronti di Lorenzo Pieri, infermiere e imputato per la morte dello zio di sua moglie, Francesco Piccinin, 87 anni, deceduto il 10 ottobre 2020 all'ospedale “Salvini” di Garbagnate, a cui avrebbe somministrato, facendogli visita nel reparto di Pneumologia, morfina e antidepressivi fino a ucciderlo.

"Ha praticato i boli come se fosse lui l'infermiere della sedazione terminale, perché gli era stato detto che il parente era spacciato e voleva porre fine allo stato in cui si trovava quella persona cara", ha sottolineato il pm al processo, davanti alla Corte d'Assise.

Un caso complesso, caratterizzato da molteplici perizie, in cui lo stesso pm ha chiesto anche la condanna per omicidio colposo per 4 medici (per un quinto l'assoluzione), perché avrebbero sbagliato diagnosi e cure.

Tanto che, per la Procura, ci fu "un'ingiustificata definizione di irreversibilità" delle gravi condizioni cliniche dell'87enne.

Come ha ricostruito il pm, Pieri, che aveva "un bel rapporto" con l'anziano anche perché "sua moglie trattava lo zio come un padre", decise di porre fine alle sofferenze di Piccinin dopo che il 7 ottobre aveva saputo dai medici che "le sue condizioni erano irreversibili".

Per questo l’accusa ha chiesto per lui la concessione delle attenuanti generiche e di quella "dell'aver agito per particolari valori morali e sociali", perché il suo "scopo era nobile". 

La sentenza è attesa per dicembre. 

(Unioneonline/l.f.)

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