Disabili “sistematicamente” maltrattati e torturati, nelle intercettazioni choc le urla dei pazienti.

Casa dei disabili “lager” a Castelbuono, nel Palermitano. I militari della Guardia di Finanza hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 35 persone accusate, a vario titolo, di tortura, maltrattamenti, sequestro di persona, corruzione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione e frode. Disposto anche il sequestro della casa di cura e di beni finanziari per oltre 6,7 milioni di euro.

La onlus “Suor Rosina la Grua” gestisce, in regime di convenzione pubblica "a ciclo continuo", servizi di riabilitazione per 23 pazienti con disabilità grave. Dieci indagati sono stati portati in carcere, per sette sono scattati gli arresti domiciliari, cinque sono stati sottoposti all'obbligo di dimora nel comune di residenza e tredici sono destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività professionali per un anno. 

I DUE FILONI – Il primo filone d’indagine riguarda l'amministratore e i soci della onlus che, nascondendo la natura commerciale dell'attività dell'ente e grazie all'utilizzo di documentazione falsa, sarebbero riusciti ad accreditarsi con la Regione Siciliana e convenzionarsi con l'Asp di Palermo, ottenendo, negli ultimi cinque anni, soldi pubblici per 6,2 milioni. Una parte del denaro, circa 470mila euro, invece di essere utilizzata per i fabbisogni dei pazienti o reinvestita nell'adeguamento della sede, che avrebbe gravi carenze, veniva distratta e utilizzata per fini privati come la liquidazione di compensi non dovuti, acquisto di auto, pagamento di viaggi e soggiorni in alberghi, acquisto di prodotti enogastronomici, articoli di gioielleria e da regalo. Accusato di corruzione anche un funzionario dell’Asp di Palermo che non avrebbe svolto i dovuti controlli in cambio dell’assunzione del figlio e della nuora.

Il secondo filone ruota attorno ai maltrattamenti e violenze subiti in questi anni dai 23 pazienti della struttura. Per il gip si tratta di condotte gravissime, tanto che i reati configurati sono tortura, maltrattamenti e sequestro di persona. Secondo gli investigatori tutto il personale sanitario e paramedico in servizio presso la Onlus, con la compiacenza della proprietà, sottoponeva i pazienti a maltrattamenti di natura fisica e psicologica che provocavano loro gravi sofferenze ed umiliazioni. Il personale della struttura, che accudiva ospiti affetti da gravi disabilità intellettive e psichiatriche, ricorreva sistematicamente a punizioni come il digiuno, o percosse, strattonamenti, calci, schiaffi, offese. In diversi casi i pazienti venivano rinchiusi in una stanza di pochi metri quadrati chiamata "relax", sia di giorno che di notte, completamente vuota e senza servizi igienici.

E lì le vittime rimanevano prigioniere per diverse ore, al buio e senza assistenza, implorando di uscire o di avere acqua e cibo, costrette ad espletare i propri bisogni fisiologici sul pavimento.

“Gli ospiti del centro sono sottoposti ad un regime di vita che non è eccessivo definire contrario al principio di umanità” e “scontano quotidianamente la pena della loro disabilità con il loro essere sottoposti a torture sistematiche che aggravano la loro condizione mentale e ne devastano il corpo”, ha scritto il gip.

Ai pazienti venivano somministrate in dosi massicce terapie farmacologiche non giustificate da ragioni sanitarie, ma solo dalla volontà degli operatori di mantenerli sedati, riducendo così il loro impegno.

LE INTERCETTAZIONI – Quel che emerge dalle intercettazioni è drammatico. Nella sala “relax” venivano portati di peso, rinchiusi dentro e presi a calci e pugni. Poi venivano offesi: “Frocio”, urlava un operatore e dopo l'ennesimo calcio chiudeva la porta. “Devi buttare il veleno dal cuore”, diceva un altro inserviente della struttura.

Alcune operatrici, non sapendo di essere intercettate, commentavano definendo il posto un “lager nazista”. I pazienti urlavano: “Fatemi uscire, avevamo detto cinque minuti, i patti si mantengono”.

“Io ne ho certezza al 99% gli alzano le mani ai ragazzi, fin quando non ci sono le telecamere sta cosa… Noi non ce la togliamo e vedi che è un reato penale - diceva una donna al telefono -. I ragazzi erano vestiti come gli zingari, visto che non li lavavano, visto che il mangiare faceva schifo, visto che la struttura non era pulita”.

E un'altra: “Tu ce l'hai presente un manicomio? Uguale, identico, ci manca solo, gli ho detto che li legano ai letti e poi siamo a posto, siamo pronti per la D'Urso. Ci sono cose che sono oggettive. I bilanci non sono mai stati presentati, nella contabilità c'è manicomio, la struttura non è adeguata e non è a norma. Lì se campano o se muoiono, non interessa niente a nessuno”.

(Unioneonline/L)

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