«Non è serio» pensare che il governo non abbia voluto salvare le vite dei migranti morti nelle acque davanti a Cutro (Crotone) perché «la situazione è semplice nella sua drammaticità: non ci sono arrivate indicazioni di emergenza da Frontex».

Giorgia Meloni difende l’operato del suo esecutivo e bolla come «surreali» le ricostruzioni sul naufragio che ha provocato la morte accertata, al momento, di 70 persone e un numero di dispersi stimato tra 27 e 47. Soprattutto dopo aver letto la lettera del sindaco del paese calabrese che ha denunciato la mancanza del governo, invitandola a recarsi su quella spiaggia a piangere le vittime, «se non da premier come mamma». Meloni ci andrà, annuncia, spiegando di aver valutato di «celebrare il prossimo Consiglio dei ministri a Cutro, sul tema dell'immigrazione».

«Queste persone non erano nella condizione di essere salvate da qualcuno che non ha voluto salvarle – ha detto -. Mi chiedo se qualcuno in coscienza ritiene che il governo volutamente ne abbia fatte morire oltre 60 fra cui qualche bambino», prosegue, assicurando che «non siamo stati avvertiti del fatto che l'imbarcazione rischiava il naufragio. La rotta, inoltre, non è coperta dalle organizzazioni non governative e nulla dunque ha a che fare con le politiche del governo. Se qualcuno sa qualcosa di diverso è bene che ce lo dica».

«Da quando siamo al governo abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare per salvare vite umane, quando eravamo consapevoli che c'era un problema». Così liquida la richiesta di dimissioni del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, reiterata dalle opposizioni, perché «ogni giorno le chiedono di un ministro diverso, non fa notizia». È presto, spiegano nel governo, per dire quale provvedimento verrà varato. Ma l'obiettivo dell'esecutivo non cambia: «Fermare i flussi illegali e la vergognosa e cinica tratta degli scafisti». 

Frontex intanto non commenta: la presenza dell’imbarcazione è stata segnalata, con la precisazione però che navigava «senza mostrare segni di pericolo» ma con a bordo diverse persone.

L’INCHIESTA – Intanto la Procura della Repubblica di Crotone acquisirà, in incidente probatorio, le testimonianze dei superstiti del naufragio del barcone di migranti schiantatosi all'alba di domenica scorsa su una secca nelle acque di Steccato di Cutro. Obiettivo è cristallizzare davanti al Gip le prove che potrebbero emergere dai racconti dei sopravvissuti alla traversata partita dalla Turchia e conclusasi tragicamente a poche decine di metri dalla spiaggia calabrese.

Le testimonianze saranno inserite nel fascicolo dell'inchiesta per naufragio e omicidio colposo aperta a carico dei presunti scafisti identificati, tre dei quali, un turco e due pachistani (uno è minore), sono stati fermati, mentre un quarto è irreperibile. I pm vogliono chiarire quali siano state le procedure e le comunicazioni tra la Guardia di finanza e la Guardia costiera fra le 23.03 di sabato e le 4:10 di domenica 26 febbraio, quindi dopo la segnalazione di Frontex sulla presenza del barcone a 40 miglia dalla costa calabrese, e se vi siano state falle nella catena dei soccorsi. Sei ore, infatti, sono trascorse tra la prima comunicazione proveniente dal velivolo dell'Agenzia europea che sovrintende al controllo delle frontiere esterne dell'Unione europea da cui è scaturita l'uscita in mare, verso mezzanotte, di due unità della Guardia di finanza salpate da Crotone e Taranto, in un'attività classificata come "law enforcement", ossia operazione di polizia e non di soccorso, e le fasi antecedenti l'epilogo tragico.

Dal barcone non è stata inviata alle autorità preposte alcuna richiesta di aiuto né da parte dei migranti a bordo, né dai loro familiari, come invece spesso è accaduto in casi analoghi. E questo a causa dell'utilizzo da parte dei presunti scafisti di un disturbatore di frequenza che ha impedito di avere contatti con le persone a bordo dell'imbarcazione, consentendo ai trafficanti di esseri umani di non farsi intercettare.

(Unioneonline/D)

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