Serena Mollicone poteva essere salvata. 

Ne è convinta Luisa Regimenti, il medico legale che ha riferito in aula in Corte d'Assise nell’ambito del processo sull’omicidio della giovane, risalente al primo giugno del 2001 ad Arce, in provincia di Frosinone, e avvenuto secondo la Procura di Cassino nella caserma dei Carabinieri.

L’esperta ha illustrato la consulenza disposta dalla famiglia Mollicone: "Serena dopo il violento colpo contro la porta dell'alloggio della caserma di Arce cadde priva di sensi a causa di alcune fratture craniche ma poteva essere soccorsa. Fu lasciata, invece, in queste condizioni per 4/6 ore prima di essere uccisa dal nastro adesivo che gli è stato applicato sulla bocca e sul naso provocandone il soffocamento".

A chi delle difese le faceva notare che i segni trovati sullo stipite della porta sono a 150 cm da terra e quindi ad una altezza superiore a quella della vittima, ha risposto che quel giorno "Serena indossava delle scarpe con un tacco di 3 cm e una soletta interna: complessivamente cinque centimetri in più di altezza". Secondo la consulente di parte civile la morte avvenne "tra le ore 15 e le 19".

Serena Mollicone, 18 anni, scomparve la mattina di venerdì primo giugno 2001. Il corpo fu ritrovato intorno a mezzogiorno di due giorni dopo da una squadra della Protezione Civile, nel boschetto di Fonte Cupa ad Anitrella, frazione di Monte San Giovanni Campano a 8 km da Arce. Il cadavere, coperto con rami e fogliame, era nascosto dietro un grosso contenitore metallico abbandonato. Il capo era avvolto in un sacchetto di plastica, le mani e i piedi legati con scotch e fil di ferro. Sul naso e sulla bocca del nastro adesivo.

Per questa vicenda sono imputate cinque persone: il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, ex comandante della stazione di Arce, la moglie Anna Maria, il figlio Marco, il maresciallo Vincenzo Quatrale e l'appuntato Francesco Suprano.

I Mottola e Quatrale sono accusati di concorso in omicidio e Suprano di favoreggiamento.

(Unioneonline/D)

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