Per il saluto romano va contestata la legge Scelba sull'apologia del fascismo e in particolare l'articolo 5. È la decisione delle sezioni unite della Cassazione che hanno disposto un processo di appello bis per otto militanti di estrema destra che avevano compiuto il saluto nel corso di una commemorazione a Milano nel 2016. 

L’articolo 5 della legge del 1952 citato dalla Suprema Corte recita: «Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire. Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell'articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni».

Ma la stessa Cassazione rileva che «la chiamata del “presente” o “saluto romano” è un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista e integra il delitto previsto dall'articolo 5 delle Scelba, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista».

I giudici, inoltre, ritengono che «a determinate condizioni può configurarsi anche la violazione della legge Mancino, che vieta manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. I due delitti possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge».

I militanti a processo per i fatti di Milano sarebbero stati condannati nel 2023 proprio secondo la Legge Mancino. 

Secondo i legali degli imputati, però, «la decisione della Cassazione sancisce che il saluto romano non è reato a meno che ci sia il pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista così come previsto dall'articolo 5 della legge Scelba, oppure ci siano programmi concreti e attuali di discriminazione razziale o violenza razziale così come previsto dalla legge Mancino».

«Se mancano sia il tentativo di ricostituzione o programmi di discriminazione ovviamente non è reato - sostiene l'avvocato Domenico di Tullio – e la cerimonia del “presente” quindi si può fare solo quando è un atto commemorativo come nel caso specifico».

(Unioneonline/l.f.)

© Riproduzione riservata