Una proposta di legge per garantire una provvisionale economica a chi alla fine di un processo è stato assolto e nei casi di ingiusta detenzione. È stata avviata la sottoscrizione per il raggiungimento del quorum delle 50mila firme per l'iniziativa popolare.

La raccolta firme - sul sito del ministero della Giustizia - è stata promossa dalla famiglia di Beniamino Zuncheddu, il pastore di Burcei che ha trascorso 33 anni in carcere per l'accusa di un triplice omicidio nel 1991 e poi è stato assolto nel gennaio 2024 dopo un processo di revisione.

«Ci sono persone che si sono viste distruggere l'esistenza: la giustizia, in qualche modo, ha sottratto loro anni di vita e non solo perché sono state in carcere, ma a volte anche per poter sopravvivere dopo l'errore giudiziario o l'ingiusta detenzione», si legge nella relazione allegata alla proposta di legge che consta di un articolo con 5 commi, «La proposta prevede un assegno che parta dal momento dell'assoluzione fino alla sentenza di risarcimento del danno. Perché è proprio in quel periodo che può durare sei, sette, otto, dieci anni che le persone non sanno cosa fare: alcune si rivolgono alla Caritas, altre sono costrette ad andare a rubare, altre ancora se non ci fossero le famiglie si troverebbero costrette a dormire sotto i ponti. Sono circa 1000 ogni anno le ingiuste detenzioni con costi esorbitanti a carico dello Stato».

Un appello è stato lanciato anche da Augusta Zuncheddu, sorella di Beniamino: «Come mio fratello ci sono migliaia di cittadini che dopo esser stati liberati dal carcere e aver perso tutto sono stati abbandonati dallo Stato.  Costretti ad andare alla Caritas e a non saper come vivere. Questo non è giusto. Non è umano. È necessaria una legge di civiltà. È necessario che i cittadini vengano informati di cosa può voler dire vivere un dramma come quello che abbiamo vissuto noi per 33 anni. A Beniamino è stata sequestrata la vita, gli è stato tolto tutto. Eppure noi abbiamo pagato tutte le spese legali e giudiziarie in questi decenni, per poi vedere che le istituzioni si girano dall'altra parte»..

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