Si dice "scioccata e arrabbiata" Rabab El Mahdi, tutor di Giulio Regeni al Cairo, dopo le accuse e i sospetti venuti fuori negli ultimi giorni sul ruolo della supervisor di Cambridge Maha Abdelrahman e su lei stessa.

"Noi non abbiamo messo a rischio Giulio", spiega la donna in un'intervista al Corriere della Sera.

"È stato lui a scegliere l'argomento e ha cercato supervisor esperti sul tema: come succede con tutti, le domande per le interviste erano state elaborate da Giulio, i supervisori si assicurano solo che siano rilevanti per la ricerca", continua.

La donna non ci sta a finire sotto accusa e invita l'Italia a cercare i veri colpevoli, che stanno in Egitto.

"Durante la ricerca - va avanti la tutor del ricercatore friulano torturato e ucciso al Cairo - tutti gli studenti prendono appunti e scrivono report: è una cosa usuale, non c'è nulla di strano nel fatto che siano stati trovati dei report nel suo portatile: cercare di presentare come dubbio o sospetto questo processo è ignorante".

Alla domanda se abbia incontrato gli investigatori italiani la tutor risponde di sì: "Poco dopo l'assassinio, e ho risposto a tutte le loro domande: sia la supervisor di Cambridge che io siamo stati coinvolti sin da subito e abbiamo fatto tutto il possibile per aiutare".

Intanto, dalle confidenze fatte in chat a un amico, emergono i timori di Giulio Regeni qualche mese prima di essere torturato e ucciso. Le perplessità erano proprio sulla scelta della tutor in Egitto, Rabab El Mahdi, "conosciuta come una grande attivista e con molta visibilità nel Paese".

"La supervisor mi dice di stare tranquillo - scriveva Giulio in un misto di italiano e dialetto friulano - ma qui basta poco per avere problemi". Dalle chat emerge come Giulio avesse paura, ma si fidasse della supervisor che lo aveva mandato lì e che continuava a rassicurarlo. Temeva anche di fare una cattiva impressione sulla docente, di fare la figura del vigliacco.

Prendeva tanti accorgimenti, Regeni, che temeva anche i tassisti-spia: non si faceva mai lasciare sotto casa da loro. Non faceva mai foto in strada, sapeva che al Cairo non era prudente.

Tutti accorgimenti che non sono serviti a salvargli la vita.

Proprio queste chat sono alla base della rogatoria con cui gli inquirenti italiani ribadiscono la loro intenzione di interrogare la tutor di Cambridge, convocata formalmente per la prima volta il 7 giugno 2016. La docente non si è ancora presentata davanti ai magistrati di Roma.

(Redazione Online/L)

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