Pedinata da un investigatore privato assoldato dall'azienda in cui lavorava. Che, registrando tutti i suoi movimenti, ha deciso di licenziarla.

Accade a Treviglio, in provincia di Bergamo. Protagonista della vicenda l'impiegata di un'azienda consortile milanese che si occupa di banche di credito cooperativo.

La donna, racconta il Corriere della Sera, era stata sottoposta a un'operazione al polso sinistro e lasciata a casa per malattia dal suo medico curante per due mesi e mezzo. In quel periodo però l'azienda ha messo sulle sue tracce un'agenzia investigativa, che l'ha vista (e quindi filmata e fotografata) mentre andava a fare la spesa, trasportava il carrello, apriva e chiudeva il bagagliaio e in un caso portava delle bottiglie d'acqua.

Se era in grado di fare queste cose, secondo la società, poteva anche lavorare: per questo è stato aperto un procedimento disciplinare che ha portato al suo licenziamento.

L'impiegata si è quindi rivolta a un giudice, e ha già avuto una sentenza che le ha dato ragione e ha imposto all'azienda di pagarle le mensilità perse oltre a reintegrarla. Ha vinto anche il ricorso: le sue attività, secondo gli esperti, facevano parte di un "regolare decorso post-intervento".

Sulla presunta violazione della privacy invece il giudice ha dato ragione all'azienda: "Il datore di lavoro può rivolgersi ad agenzie investigative, purché queste non sconfinino nella vigilanza dell’attività lavorativa riservata direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori", si legge nella sentenza.

(Unioneonline/D)
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