Sono parole dure quelle che la dottoressa aggredita a Trecastagni, vicino a Catania, mentre svolgeva il suo turno di guardia medica, ha rivolto alle Istituzioni durante un incontro che si è tenuto a Messina: "La solidarietà espressa dai colleghi è la più sincera che ci possa essere, perché siete consapevoli che tutti sareste potuti essere al mio posto -, ha detto la donna rivolgendosi agli altri professionisti -. "Nessuno sconto, invece per le istituzioni, alle quali solo una cosa posso dire: io sono stata violentata anche da voi".

La donna, una professionista di 51 anni, era stata aggredita e violentata da un uomo di 26 anni (subito arrestato) mentre era di turno alla guardia medica. Il giovane si era recato nell'ambulatorio con la scusa di essere soccorso per un malore.

"Quella della sicurezza è solo la punta dell'iceberg - ha spiegato la 51enne - . Noi medici abbiamo perso la dignità. La nostra professione si è snaturata, è diventata una cosa che non è più essere medico, è soffocata dall'affanno di evitare le denunce, di seguire pedissequamente i protocolli. Sfugge un concetto fondamentale: noi dobbiamo curare le persone. Ho intrapreso questa strada per passione - ha raccontato -. Anche la scelta di fare la guardia medica non è stata un ripiego, è stata una decisione consapevole proprio perché volevo essere in prima linea, vicina alle persone che soffrono".

E poi l'affondo alle Istituzioni "non hanno semplicemente lasciato sola me, mettendomi in pericolo e poi umiliandomi quando la mia aggressione è stata ridotta a una pratica per infortunio sul lavoro, perché questa è la prassi - ha proseguito -. Il sistema rischia di travolgere la nostra intera professione. Siamo tutti vittime: a questo gli Ordini devono opporsi".

(Redazione Online/s.a.)

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