Non c'è pace per Hina Saleem, ventenne pakistana uccisa dal padre a Gardone (Brescia) nel 2006 perché voleva vivere come le sue amiche italiane.

Voleva vestirsi come loro, con magliette e gonne, fumava, voleva lavorare in una pizzeria. Per questo il padre, con l'aiuto di due generi e del cognato, la uccise a coltellate, per poi seppellire il suo corpo il giardino, con la testa rivolta verso La Mecca.

I processi sono finiti, i responsabili dell'omicidio sono stati condannati uno a 30, altri due a 17 anni di carcere.

E ora neanche la sua lapide riesce a trovare pace. Neanche dodici anni dopo la morte. Se prima a creare scompiglio erano le sue abitudini, ora è una foto.

Quella foto scomparsa dalla lapide di marmo nel cimitero di Brescia (un benefattore anonimo l'aveva fatta costruire a sue spese, per dare alla ventenne una sepoltura dignitosa) è come quell'omicidio di dodici anni fa. Dietro c'è sempre un rifiuto della libertà della donna.

La foto l'ha rimossa il fratello (attuale capofamiglia, che aveva ringraziato il benefattore anonimo per la lapide), che al quotidiano "Il Giorno" ha rivendicato il gesto e spiegato il perché: "Sono stato io, l'ho tolta per questioni di decoro. Quella foto non andava bene. Hina era troppo spogliata, indossava una canottiera rosa", ha detto.

E ancora: "Anche voi in chiesa non entrate a braccia nude e in pantaloncini, giusto? Bene, da noi è uguale, non è rispettoso apparire così su una tomba".

Sta cercando una foto in cui la sorella è più coperta, ora: "Quando la trovo la metterò".

(Unioneonline/L)
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