Donna picchiata a morte nelle Marche: «Era terrorizzata e voleva il divorzio»
Domani la convalida del fermo del marito. I dubbi sul tentato suicidioPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Non aveva perdonato il marito, violento e maltrattante, ma sentiva di non avere altra scelta che restare nella casa che stava pagando insieme a lui con un mutuo. L'abitazione dove il 3 dicembre scorso il coniuge l'ha picchiata a morte anche con un tubo metallico.
È il ritratto di una donna disperata, nient'affatto soggiogata dal marito ma con una vita senza via d'uscita, barricata di notte dentro la camera da letto, quello di Sadjide 'Sagi' Musljia, la 49enne sarta macedone, uccisa a Pianello Vallesina di Monte Roberto (Ancona) dal coniuge Nazif Muslija, 50 anni, il quale già la vessava da anni e che era stato anche arrestato per maltrattamenti. A ricordare quella donna, prima allegra e sorridente, poi segregata dal marito violento, Antonella Giampieri, la titolare di "Confezioni Privilegio", il piccolo laboratorio di Jesi (Ancona) in cui da 18 anni lavorava 'Sagi' che da qualche tempo aveva iniziato a confidarsi con le colleghe. Lei che era diventata per loro "un'amica, una di famiglia".
Proprio l'imprenditrice, la mattina del delitto, aveva dato l'allarme perché Sadjide' non si era presentata al lavoro.
Dopo 40 ore di fuga tra le province di Ancona e Macerata, Nazif Musljia è stato trovato giovedì in una zona impervia del Maceratese, a Sant'Anna-Braccano: un cacciatore lo ha rinvenuto appeso con una corda ad un albero e lo ha soccorso, tagliando la corda, quando l'uomo era privo di sensi. Subito l'intervento dei carabinieri di Matelica e del 118 per il trasporto in ospedale, poi le dimissioni 'lampo' perché non è stato ritenuto in pericolo di vita e in trasferimento nel carcere di Montacuto ad Ancona. Un tentativo di suicidio su cui aleggiano dei dubbi che potranno essere chiariti solo dal diretto interessato.
Domani si terrà l'udienza di convalida del fermo per omicidio volontario aggravato: Musljia resterà in carcere, in videocollegamento con la gip di Macerata Daniela Bellesi, competente dopo il fermo dell'uomo avvenuto nel Maceratese. In seguito l'inchiesta, coordinata dal pm Rosario Lioniello con indagini dei carabinieri, tornerà alla Procura di Ancona.
«Sagi da due anni aveva paura del marito, - racconta all'ANSA la datrice di lavoro della 49enne - vivevano da separati in casa, lei di sopra, lui in tavernetta. Voleva divorziare, così ci diceva. Di notte si chiudeva a chiave in camera e prendeva tranquillanti per dormire».
Era terrorizzata, raccontava alle colleghe, aveva sperato che il marito se ne andasse e tentato di entrare lei stessa in una casa di accoglienza per donne maltrattate, "inutilmente": «pagava il mutuo della casa e non poteva permettersi un affitto, non voleva rinunciare al lavoro e ai sacrifici di una vita o ricominciare in Svizzera, dove viveva il figlio».
Sagi: «non era tranquilla ma non aveva scelta. Negli ultimi tempi sembrava un po' più calmo, così diceva, eppure ogni tanto la sentivamo piangere in bagno, e scattava quando una di noi le appoggiava una mano sulla spalla da dietro».
