Gestiva da sola un centinaio di prostitute nigeriane, schiave del racket e dei riti voodoo.

Le donne venivano reclutate nei villaggi più poveri della Nigeria con la promessa di ottenere un titolo di studio e un lavoro in Italia.

Poi venivano affidate al "connection man" che aveva il compito di traghettarle dalla Nigeria all'Italia. Giunte da noi, le ragazze scoprivano che non c'era nessun viaggio studio per loro, solo una vita in strada da schiave del sesso.

Una figura chiave della tratta, quella del connection man: si tratta degli emissari delle organizzazioni criminali che prendono in carico le ragazze fino all'arrivo in Libia (o a volte anche in Italia). Garantiscono il viaggio, le istruiscono nei minimi dettagli e danno loro un numero di telefono da contattare appena arrivate in Italia.

È l'ultimo anello della catena, il numero che porterà le giovani direttamente dalla "madame", la nigeriana adulta che le costringerà sotto ricatto a prostituirsi. E proprio una "madame" 33enne è stata arrestata oggi dai carabinieri di Torino, al termine di una complicata indagine avviata a gennaio in seguito alla denuncia di una giovane nigeriana che ha raccontato tutto quello che le è successo dal 2016, anno in cui è sbarcata a Lampedusa.

Trasferita in un centro d'accoglienza a Settimo Torinese, è stata fatta uscire e accompagnata in un appartamento a Torino, dove è stata consegnata alla madame. Una liberazione che le costava 25mila euro, debito da saldare prostituendosi.

Tutti i guadagni e le spese (preservativi compresi) erano annotate su un libro mastro sequestrato dai militari.

(Unioneonline/L)
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