Domani all'Aia prende il via l'ultima puntata della tormentata storia dei marò, o il preludio a quella che potrebbe essere una nuova stagione dell'intricata vicenda.

Si tiene infatti l'ultima udienza davanti al Tribunale arbitrale internazionale, chiamato a decidere chi, tra Italia e India, abbia la giurisdizione ad accertare eventuali responsabilità di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone nella morte di due pescatori indiani, scambiati per pirati, al largo del Kerala.

Si tratta dell'ultima tappa della procedura arbitrale avviata dal governo Renzi nel giugno 2015. L'udienza durerà due settimane, fino al 20 luglio, ma la sentenza arriverà solo entro sei mesi.

Apriranno il procedimento i rappresentanti governativi dei due Paesi, per l'Italia l'ambasciatore Francesco Azzarello. Saranno anche gli unici due interventi aperti al pubblico, tutti gli altri avverranno a porte chiuse.

La tesi dell'Italia, che rivendica la giurisdizione del caso, è che i due fucilieri della Marina godano all'estero dell'immunità che spetta ad agenti dello Stato nell'esercizio delle loro funzioni.

Latorre e Girone sono a casa da anni, i rapporti tra Italia e India sono tornati alla normalità, ma la vicenda dei marò deve ancora concludersi. Ripercorriamola in poche righe.

LA STORIA - Il 15 febbraio 2012 due pescatori restano uccisi al largo delle coste indiane. Latorre e Girone sono imbarcati nell'ambito di un'operazione anti pirateria sulla Enrica Lexie, nave battente bandiera italiana che navigava in acque internazionali. I due militari sostengono di aver sparato colpi di avvertimento in acqua all'avvicinarsi di un peschereccio, nel timore di un attacco pirata, cosa abbastanza frequente in quel tratto di Oceano Indiano.

Latorre e Girone vengono arrestati e trattenuti a Delhi per l'omicidio dei due pescatori. L'India non formalizza alcun capo di imputazione e i due marò restano invischiati per anni in una vera e propria odissea di lentezze burocratiche e giudiziarie. Alla fine Delhi concede ai due di tornare a casa almeno fino alla fine dell'iter arbitrale, e Roma si impegna a rimandarli in India nel caso l'arbitrato vede l'Italia perdente.

Il collegio arbitrale è composto da un indiano, un italiano, un sudcoreano, un giamaicano e un russo, che è anche il presidente.

(Unioneonline/L)
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