Cinque indagati per la morte di Maria Antonietta Cutillo, la 16enne di Monfalcone, in provincia di Avellino, fulminata nella vasca da bagno lo scorso maggio. La ragazzina era al telefono con un’amica quando il suo telefonino, collegato al caricabatterie, scivolò in acqua: la scarica elettrica si propagò dall’estremità libera del cavo Usb e la uccise sul colpo. I soccorsi furono inutili.

Secondo quanto emerso dalle indagini, se le componenti elettriche di quel caricabatterie fossero state a norma Maria Antonietta non sarebbe morta. Per questo cinque imprenditori, quattro dei quali di nazionalità cinese, operanti in Toscana e Lombardia, sono finiti sotto inchiesta con le accuse di omicidio colposo, frode in commercio e vendita di prodotti industriali con marchi contraffatti.

Il procuratore capo di Avellino, Domenico Airoma, ha chiesto e ottenuto dal Gip del Tribunale irpino il sequestro preventivo di diversi caricabatterie di fabbricazione cinese risultati non conformi agli standard comunitari e dunque potenzialmente pericolosi. 

Come quello che usava Maria Antonietta: le indagini dei carabinieri della Compagnia di Mirabella Eclano, che si sono avvalse del contributo del Reparto tecnologie informatiche del Racis, hanno accertato difetti di fabbricazione di uno dei componenti interni del dispositivo.

In particolare, il «condensatore ceramico a disco» avrebbe mostrato «difetti riconducibili alla scarsa qualità tecnica del materiale con il quale tali dispositivi sono realizzati». Secondo il Racis, «se il condensatore interno fosse stato costruito impiegando componenti elettriche con i criteri previsti dai prodotti con marchio Cee, l'evento letale non si sarebbe verificato».

(Unioneonline/D)

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