Le mani della mafia su appalti e lavori pubblici: 11 misure cautelari a Palermo
Le indagini hanno evidenziato anche stretti rapporti con esponenti di spicco di "cosa nostra" statunitense
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Le mani della mafia sui lavori pubblici: sono 11 le misure cautelari eseguite dai carabinieri nel corso di un’inchiesta che ha anche documentato il solido legame fra il clan di Torretta, Palermo, e la malavita americana.
Le indagini hanno evidenziato gli stretti rapporti con esponenti di spicco di "cosa nostra" statunitense capace di condizionare, attraverso propri emissari, gli assetti criminali della cosca.
La mafia di Torretta si sarebbe inserita nel tessuto economico legale, tra edilizia, agricoltura e allevamento di bestiame e attraverso il diretto intervento nelle dinamiche di compravendita degli animali e dei terreni. Il clan avrebbe controllato, inoltre, le commesse pubbliche e private non solo a Torretta, dove sarebbe riuscito ad infiltrarsi nella locale amministrazione influenzando e modificando l'esito delle elezioni comunali del 2018, fino allo scioglimento del Comune del 2019, ma anche nei comuni limitrofi di Capaci, Isola delle Femmine e Carini, oltre che in alcuni quartieri di Palermo che fanno capo al "mandamento" di Passo di Rigano.
I carabinieri hanno ricostruito i numerosi incontri riservati organizzati nelle campagne per sfuggire ai controlli delle forze dell'ordine tra gli affiliati del clan di Torretta ed in particolare un summit avvenuto la sera del 21 novembre 2018 in casa di Raffaele Di Maggio, boss ai vertici del clan, arrestato oggi. Alla riunione presero parte anche Ignazio Antonino Mannino, e Calogero Badalamenti.
Alla fine del mese di settembre
del 2018 un emissario di Cosa nostra americana è stato accolto dai vertici della famiglia mafiosa di Torretta. La permanenza dell'uomo in zona fu coperta, tra gli altri, da due fratelli imprenditori che, dividendosi i ruoli, lo avrebbero preso in aeroporto e ne avrebbero garantito il soggiorno in una lussuosa villa con piscina di Mondello, regalandogli la cocaina in segno di benvenuto.
Nel periodo trascorso sull'isola, l'emissario avrebbe preso parte ad una riunione nell'abitazione del boss Raffaele Di Maggio, il 3 ottobre 2018 a Torretta, e a un secondo incontro nel comune di Baucina.
All'indomani dell'omicidio del mafioso americano Frank Calì detto "Franky Boy", avvenuto a Staten Island (New York) la sera del 13 marzo 2019, i carabinieri hanno registrato una serie di fibrillazioni tra i mafiosi del clan palermitano.
Nei giorni successivi, il figlio di uno degli indagati è partito per gli Usa e durante la sua permanenza a New York ha incontrato diverse persone tra cui proprio l'emissario arrivato a Torretta nel settembre 2018. Rientrato dal viaggio, il giovane ha raccontato il clima di profonda tensione creatosi sulla sponda americana, esprimendo le proprie valutazioni su chi sarebbe subentrato a Calì alla guida della compagine mafiosa americana.
A Torretta, inoltre, i carabinieri hanno registrato i commenti "di prima mano" di alcuni degli indagati che conoscevano personalmente Frank Calì e che, in un primo momento, avevano temuto che l'episodio potesse provocare una pericolosa escalation di violenze nella quale avrebbero rischiato di rimanere direttamente coinvolti anche altri soggetti.
(Unioneonline/v.l.)