«Ho paura di essere finita in una cosa più grande di me. Ma ho detto solo la verità, voglio affrontare questa vicenda sino alla fine».

È quanto si legge nei messaggi inviati dalla 22enne che accusa di violenza sessuale il terzogenito di Ignazio La Russa, Leonardo Apache. Lo stupro sarebbe avvenuto nella casa del presidente del Senato dopo una serata nella discoteca Apophis di Milano, nella notte tra il 18 e il 19 maggio.

«Amo – scrive a un’amica nelle chat pubblicate dal Corriere della Sera – mi sono risvegliata da La Russa... ma che problemi ho... o mi hanno drogata. Non mi ricordo bene, non va bene, faccio troppi casini. Non sono normale, raccontami di ieri». «Amo penso che lui ti abbia drogata, ma tu non mi ascoltavi ieri», le risponde l’amica, perché «sei corsa via e non ti ho più trovata».

«Dio santo, davvero? Cosa è successo? Non ricordo nulla», continua la presunta vittima a cui è stato lo stesso La Russa jr a dire che avevano avuto un rapporto sessuale. E l’amica ricostruisce: «Fino a quando lui ti ha offerto il drink, tu eri stata normale, eri stranormale. Avevamo fatto delle strisce anche lì all’Apophis», prosegue confermando che le due avevano assunto cocaina. Però «non è quello che ti ha fatto diventare strana», perché «è dopo il drink che sei diventata strana strana. Lo continuavi a baciare», e «io ti ho chiesto se lui ti piacesse o meno, e tu mi fai “Sì lo amo”».

A quel punto la 22enne le scrive: «Amo, mi ha drogata, per forza» e poi «Ho paura, me ne sto andando». E l’amica: «Amore tu ora torna esattamente a casa tua». Dopo ore la ragazza le comunica che sta andando alla Mangiagalli: «Vado in ospedale. Sta venendo mia madre a prendermi». «È giusto che denunci la cosa, però stai veramente attenta, suo padre è il presidente del Senato», è il consiglio dell’amica.

IL LEGALE – Sul caso continuano le indagini e il lavoro incessante dell’avvocato della 22enne, Stefano Benvenuto: «Stiamo lavorando anche di notte. L'obiettivo è chiudere il cerchio identificando i soggetti che possano portarci alla verità. Li stiamo cercando uno a uno».

Il legale è stato a Roma, per cercare nell'ambiente della movida. La ragazza, racconta a Repubblica, è ancora sconvolta. «Ha ventidue anni, aveva paura a esporsi, ma anche vergogna a raccontare fatti personali. L'ho rassicurata dicendole che l'Italia si basa sulla parità tra uomo e donna, uno dei principi cardine della Costituzione. Se una ragazza ha subìto, è giusto che debba sapere la verità».

Rispetto a La Russa «come padre, lo capisco. Però è anche presidente del Senato. Dal punto di vista istituzionale non può fare quelle dichiarazioni. La violenza sessuale non c'è solo in caso di costrizione, ma anche se si abusa di condizioni di inferiorità psicofisica».

Inoltre «è stato lo stesso legislatore, non molto tempo fa, ad aver voluto ampliare il tempo utile per le querele di violenza sessuale». Mettendo l'accento all'uso di cocaina, da parte della giovane «ha fatto una cosa contraria agli obblighi» della Convenzione di Istanbul. Avendo poi affermato di avere visto la ragazza nel letto del ragazzo «è diventato un testimone del processo. Ora io non ho più necessità di dimostrare la presenza della ragazza nella loro abitazione: lo ha fatto lui».

(Unioneonline/D)

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