"Ci hanno fatto un furto, ci hanno fatto un furto, dovete venire”. Sono le 15,30 del 14 agosto quando arriva una chiamata al 112.

A telefonare è Petre, rumeno di 20 anni appena uscito dalla casa di Luca Morisi nella barchessa di Belfiore, nelle campagne del veronese.

Il giovane chiama per chiedere aiuto ed effettuare una denuncia. Quando arrivano i militari lo identificano insieme a un altro ragazzo rumeno.
Petre racconta di essere stato derubato da quell’uomo, l’ex spin doctor della Lega, con cui insieme all’altro ragazzo hanno trascorso una notte di sesso a pagamento e con il quale hanno consumato cocaina.

È questo l’inizio della fine per l’ex capo della comunicazione di Matteo Salvini.

IL RACCONTO – Il racconto dei ragazzi prosegue: per loro l’invito a passare una serata con Morisi, dietro un compenso complessivo – spiega Petre – tra i 3 e i 4mila euro. La serata era cominciata senza problemi ma "ad un certo punto - ha detto - mi sono sentito molto male a causa delle sostanze assunte, sono scappato dall'abitazione e ho chiamato i carabinieri".

Due sono le telefonate fatte al 112 dalle quali emerge, però, che il giovane non dice di sentirsi male ma, appunto, di aver subito un furto. Probabilmente perché, è lui stesso a raccontarlo, Morisi non avrebbe pagato il compenso pattuito. "Il patto è che voleva usare droga perché voleva divertirsi, per queste cose si paga" ma quei soldi non sono mai arrivati perché "la carta era bloccata o qualcosa del genere, c'era qualcosa che non andava".

Il dato di fatto è che quando i carabinieri arrivano - nessun controllo di routine, dunque - trovano in strada i due ragazzi e l'ex social manager leghista. Quando perquisiscono l'auto, trovano la boccetta con la presunta “droga nello stupro” nello zaino del ventenne: "Viene dalla casa di Morisi, quella roba è sua ma non so chi l'ha messa nel mio zaino, uno dei due che era con me direi" dice il romeno.

La difesa dell'ex social manager della Lega ha smentito più volte: "Quel flacone non era suo". Poi in casa trovano due grammi di cocaina. A quel punto scatta per entrambi la denuncia per sospetta cessione e detenzione di sostanze stupefacenti. Nessun reato viene invece ipotizzato nei confronti dell'altro ragazzo, che Morisi aveva contattato su una chat di incontri.

Ora restano molti i dubbi da chiarire. E tra le ipotesi che circolano in queste ore c’è anche quella che Morisi sia in realtà finito in trappola, vittima delle sue debolezze private che lo hanno costretto a dimettersi.

Il caso irrompe fra l’altro alla vigilia delle elezioni in una Lega già divisa su numerose questioni politiche.

"Questa di Morisi mi sembra una vicenda molto sospetta – il commento di Matteo Salvini –, attaccano lui per attaccare me: è un'inchiesta senza prove, un errore privato che non ha rilevanza penale. Se finisse senza alcun reato, nessun processo, chi gli restituisce la dignità? Gli spacciatori sono venditori di morte. Far l'amore a pagamento è una questione politica?". 

E fra gli ultimi commenti alla vicenda irrompe anche quello dei vescovi. “Non entro nel merito della vicenda specifica - dice il vice presidente della Cei, Erio Castellucci - ma non si può fare politica aggredendo. Serve ragionare, bisogna porre sul tavolo questioni vere, senza attacchi personali ma con dati, argomentazioni, ragionamenti. Si deve recuperare questo confronto, anche duro, ma sempre rispettoso delle persone".

(Unioneonline/v.l.)

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