"Mi ha dato un colpo al petto mentre guidavo, poi mi è saltato addosso e mi ha colpito con un pugno. Ho cercato rifugio sui sedili posteriori, poi mi sono lanciata fuori dall’auto. È sceso anche lui, aveva i pantaloni abbassati. Sono risalita in macchina e ho messo in moto. L’ho investito, ma non volevo ucciderlo. Avevo paura che mi violentasse".

Cinque ore, tanto è durato l'interrogatorio di Aurela Perhati, 24 anni, commessa albanese da 22 in Italia, che ha ucciso Massimo Garitta, tossicodipendente di 53 anni con qualche precedente legato allo spaccio.

Due vite che non si sarebbero mai incrociate, non fosse che Ovada (Alessandria) è un paese di 11mila abitanti in cui tutti si conoscono di vista.

Aurela ha dato un passaggio all'uomo, che è solito chiedere cibo, soldi, e anche passaggi appunto. Lui, stando al racconto della 24enne, le avrebbe messo le mani addosso, si sarebbe spogliato, facendo precipitare la situazione.

Lei si sarebbe difesa, lo avrebbe fatto scendere giù dall'auto ma l'uomo avrebbe cercato nuovamente di saltarle addosso. E in quel momento Aurela ha spinto sull'acceleratore, investendo e uccidendo Massimo. I carabinieri sono arrivati a lei grazie al numero di matricola della marmitta della sua Lancia Y nera, rimasta impressa sul cadavere.

"Ho sentito l'urto, ma non volevo ucciderlo", ha raccontato. "Ho perso la testa, avevo paura che mi violentasse e l'ho investito, ma volevo solo fuggire".

Il suo avvocato parla di una "brava ragazza che voleva evitare uno stupro", e afferma che ora Aurela è "sconvolta".

Adesso la 24enne è in carcere con l'accusa di omicidio.

(Unioneonline/L)
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