Sono i Comuni del sud quelli che hanno il primato negativo per trasparenza dei beni confiscati: a sostenerlo è Libera contro le mafie per la quale in testa in termini negativi ci sono i Comuni del Sud Italia, comprese le isole, con ben 392 comuni che non pubblicano l'elenco dei beni confiscati e informazioni sul loro sito, segue il Nord Italia con 213 comuni e il Centro con 65 comuni che non pubblicano dati.

A livello regionale tra le più "virtuose" coloro che raggiungono o superano il 50% dei comuni che pubblicano elenco c'è la Basilicata con il 67% dei comuni che pubblicano elenco, le Marche con il 60%, Emilia Romagna e Liguria con il 50% dei comuni e Lazio che con il 49% si avvicina di molto.

Tra le regioni meno trasparenti segnaliamo Umbria, dove solo il 14% dei comuni pubblicano elenco, Trentino Alto Adige (25%), Abruzzo (26%), Sardegna (27%) Toscana e Veneto (31%), Lombardia (32%) Campania (34%).

Un approfondimento è stato fatto sulla modalità di pubblicazione dell'elenco, da cui dipende in maniera sostanziale la qualità dei dati messi a disposizione. Il formato aperto consente infatti una fruibilità totale da parte dei cittadini e di chiunque voglia utilizzarli e appare l'unico a rispondere con coerenza alle disposizioni di legge sul tema della trasparenza.

La ricerca ha evidenziato in maniera evidente come la logica degli open data sia ancora estranea alla stragrande maggioranza degli enti monitorati.

Solo il 14% dei Comuni (56 in totale) presenta il formato aperto che consente infatti una fruibilità totale da parte dei cittadini.

"Il report - commenta Davide Pati, vicepresidente nazionale di Libera - analizza l'operato dei comuni e ad essi si rivolge: sono loro gli enti più prossimi al territorio e il primo fronte per l'esercizio della cittadinanza; potenziare le loro effettive capacità di restituzione alla collettività del patrimonio sottratto alla criminalità non va inteso solo come l'adempimento di un onere amministrativo, ma come un'opportunità di "buon governo" del territorio".

Il Report di Libera (il monitoraggio ha avuto inizio nel mese di maggio 2020 e si è chiuso il 31 ottobre 2020) vuole accendere una luce sulla carente trasparenza e mancata pubblicazione dei dati dei comuni italiani in merito ai dati sui beni confiscati che insistono nei loro territori perché sono proprio i comuni ad avere la più diffusa responsabilità di promuovere il riutilizzo dei patrimoni. Eppure, proprio a livello comunale le potenzialità della "filiera della confisca" sono tuttora dense di ostacoli, criticità ed esitazioni.

La ricerca analizza nello specifico le modalità di pubblicazione degli elenchi anche su scala regionale. Sui 406 Comuni che hanno pubblicato l'elenco, è stato costruito un ranking: su una scala da 0 a 100 la media è pari a 49.11 punti.

La fotografia regionale restituisce un quadro generale di grande criticità. Sono 11 le regioni che sono al di sotto della media regionale e "rimandate" sulla modalità delle pubblicazioni: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia, Umbria, con valori che variano da una media 42 a 48. Bocciate Sardegna, Molise, Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta.

(Unioneonline/F)
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