«Sto chiedendo scusa a tante persone, ma non sarà mai abbastanza».

Alessandro Impagnatiello, il barman 30enne accusato dell’omicidio della fidanzata incinta Giulia Tramontano, prende la parola nell’aula del tribunale di Milano nel giorno in cui inizia il processo per i fatti avvenuti lo scorso 27 maggio, quando la ragazza fu assassinata con 37 coltellate.

«Sono stato preso da qualcosa che risulterà sempre inspiegabile, chiedo scusa per la mia disumanità. Ero sconvolto e perso, quel giorno ho distrutto il bambino che ero pronto ad accogliere. Quel giorno me ne sono andato anche io, sono qui a parlare ma non vivo più. Non chiedo che queste scuse vengano accettate, perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio e molto di più, non posso chiedere perdono. Chiedo solo che possano essere ascoltate queste scuse e questa è l’occasione per farlo», ha detto con la voce rotta e balbettando, sottolineando di essere «completamente a nudo». «L’unica cosa che io faccio alla sera – ha aggiunto – è sperare di non risvegliarmi più al mattino».

Dichiarazioni spontanee che Chiara e Franco Tramontano, sorella e papà di Giulia, non hanno ascoltato. Era «troppo pesante», i due sono usciti dall’aula quando il barman ha iniziato a parlare.

Poi la stessa Chiara ha risposto per le rime in una story su Instagram: «Puoi chiedere scusa se per errore urti lo specchietto della mia auto, non se avveleni mia sorella e mio nipote, prendendoci in giro e deridendone la sua figura. Non hai diritto a pronunciare, invocare o pensare a Giulia e Thiago (sarebbe stato il nome del figlio di Giulia, ndr). Dopo averli uccisi barbaramente meriti di svegliarti ogni giorno in galera ripensando a ciò che hai fatto e provando ribrezzo per te stesso».

«Le dichiarazioni di Impagnatiello giungono in un momento processuale incipiente. Non può essere soggetto a domande - ha ricordato Giovanni Cacciapuoti, legale dei familiari della vittima - e quindi ha il pieno diritto e la libertà di poter proferire quello che ritiene più opportuno nella tutela di quella che è sua posizione giuridica».

«Le scuse – ha tuttavia sottolineato – sopraggiungono a distanza di sette mesi. E il signor Impagnatiello non si è reso responsabile un gesto estemporaneo, ma ha propinato per mesi veleno topicida alla compagna e al proprio figlio. Questa è una cosa che addolora immensamente, sarebbe stato già difficilmente digeribile e inconcepibile se fosse stato frutto di una reazione spontanea spropositata. Le carte dicono cose diverse».

Un pentimento «assolutamente sincero» invece secondo Giulia Gerardini, legale che difende Impagnatiello. «Le scuse sono partite da lui, non sa spiegare quel che è accaduto, è sgomento e si sente molto male. Era la prima occasione per parlare con la famiglia e quindi si è sentito di chiedere scusa, si trova in una situazione di grandissimo dolore».

Giulia Tramontano è stata uccisa lo scorso 27 maggio con 37 coltellate, era al settimo mese, e la pm di Milano Alessia Menegazzo ha ricordato: «Lo scorso marzo, ormai da mesi, l’imputato somministrava veleno alla vittima». L’accusa ha chiesto l’ammissione di tutti i testimoni indicati nella propria lista: carabinieri, consulenti tecnici, familiari di Giulia, la 23enne italo-inglese con cui Impagnatiello intratteneva una relazione parallela e lo stesso imputato. Anche lei, secondo le indagini, poteva essere uccisa quella notte e il 27 maggio aveva incontrato Giulia poco prima che venisse accoltellata.

La Corte ha ammesso tutte le prove e i testi richiesti da accusa, difesa e parte civile e ha aggiornato il dibattimento al 12 febbraio, fissando udienze anche per il 7 e il 21 marzo. I familiari di Giulia Tramontano sono stati ammessi come parti civili, il Comune di Senago no.

(Unioneonline/L)

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