"Rispondi alle mie domande o mi uccido".

Quando la 13enne si è vista recapitare questo messaggio ha capito subito che il coetaneo dall'altra parte del telefono faceva sul serio. E ha chiesto aiuto.

I due adolescenti, lei di Cuneo lui della provincia di Varese, si erano conosciuti su un gruppo di WhatsApp, avevano fatto amicizia e avevano cominciato a scriversi. Finché la conversazione ha preso tutta un'altra piega.

Il ragazzino le ha proposto un "gioco", una di quelle terribili "challenge" che purtroppo si stanno diffondendo: lei doveva rispondere ad alcune domande, e ogni risposta avrebbe determinato punizioni corporali per chi le poneva. Se non lo avesse fatto si sarebbe ucciso entro le 14 del giorno successivo.

La giovane spaventata ne ha parlato con la madre e insieme hanno riferito tutto alla polizia. Immediati sono scattati gli accertamenti degli esperti della postale, che sono risaliti così alla madre del ragazzo. La donna, a Milano per lavoro, ha riferito che il figlio, solo a casa, attraversava un momento di disagio sociale.

E' scattato così l'intervento a casa delle forze dell'ordine che, in attesa dei genitori, hanno preso in custodia il giovane. La polizia ha appurato che il 13enne, già seguito dai servizi sociali, era effettivamente intenzionato a commettere atti di autolesionismo, nei modi e nei tempi confidati alla coetanea cuneese. Il caso è stato segnalato ai servizi sociali e alla procura presso il tribunale dei minori di Milano.

(Unioneonline/D)
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