Una vita tutta casa, volontariato, tribunali, festini e cocaina, quella che faceva a Padova Salvo Riina, rampollo del capo dei capi di Cosa Nostra morto pochi giorni fa nel Reparto detenuti dell'ospedale di Parma.

Un'indagine coordinata dalla squadra mobile di Venezia, che lo tiene sotto controllo da oltre un anno, potrebbe farlo finire di nuovo in cella.

Nel tribunale di sorveglianza di Padova si è tenuta l'udienza per decidere se porre fine al regime di libertà vigilata per Salvo, condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso.

E - colpo di scena - sul tavolo del giudice è finita l'informativa della polizia.

Da settembre 2016 a maggio 2017 sono stati accertati decine di acquisti di droga, che Riina comprava sempre da due pusher tunisini di fiducia, uno dei quali, arrestato, ha anche confessato.

Con quella droga poi organizzava festini con donne e amici.

Sono emersi inoltre incontri con vari pregiudicati. cosa che non poteva fare.

Il regime di libertà vigilata a cui è sottoposto gli impone di non frequentare pregiudicati, non uscire di notte e non varcare i confini di Padova.

Il permesso per partecipare al funerale del padre glielo ha firmato il giudice.

E ora per Salvo, che sperava di tornare presto ad essere un uomo libero, la situazione potrebbe aggravarsi. Secondo quanto riporta il Mattino di Padova infatti il giudice - che si è riservato di decidere sulla posizione del rampollo di Totò Riina - potrebbe optare per un aggravamento della misura. Un irrigidimento della limitazioni imposte, o proprio la detenzione in una casa lavoro, struttura molto simile a un penitenziario.

(Redazione Online/L)

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