Dopo il pandoro e le uova di Pasqua, ora la bambola Trudi. 

C’è un’altra operazione commerciale che rischia di trasformarsi in una grana per Chiara Ferragni. Lo rivela La Verità, secondo cui i pm di Milano e la Guardia di Finanza che indagano sul pandoro Balocco e sull’uovo di Pasqua di Dolci Preziosi avrebbero acceso un faro sull’iniziativa che risale a maggio 2019 e che riguarda la bambola Trudi-Limited Edition da 34 centimetri che riproduce l’influencer.

«Visto che molti di voi hanno amato la bambola Chiara Ferragni che creammo per il nostro matrimonio abbiamo deciso di creare un’edizione limitata della Chiara Ferragni Mascotte – così veniva presentata - si vende ora su The Blonde Salad e tutti i profitti andranno a Stomp out bullying, un’organizzazione no profit per combattere contro il cyberbullismo, un argomento molto vicino al mio cuore».

LA LEGGE – Intanto il governo vuole portare a casa una legge per la trasparenza nella beneficenza: «C'è una questione di trasparenza sulla beneficenza su cui forse bisogna lavorare», aveva detto Giorgia Meloni in conferenza stampa, e sull'onda del cosiddetto Pandoro-gate, si lavora a quella, che, scrive il Messaggero, «qualcuno, nei corridoi tra Montecitorio e Palazzo Chigi, ha già battezzato come la "legge Ferragni”».

L'obiettivo che si sono dati in Fratelli d'Italia «è rimettere ordine nel "far west” della beneficenza». E soprattutto impedire a monte pratiche commerciali scorrette e campagne di marketing allusive per promuovere cause che di benefico, a conti fatti, rischiano di avere ben poco. La premier, «a quanto risulta, già nei giorni scorsi ha mobilitato gli uffici del governo chiedendo 'un'informativa' sul tema. E sia al ministero del Lavoro che a quello dell'Economia, che hanno un ruolo diretto in tutto ciò che riguarda il Terzo settore, si sono messi all'opera. Evidenziando una serie di criticità nella normativa attuale».

Si vuole quindi mettere a punto «una legge che in sostanza imponga a chi dichiara di fare beneficenza (in primo luogo ad aziende e società, che in virtù della causa benefica sposata potrebbero veder aumentare le proprie vendite) di rendere note quelle cifre. E di farlo scendendo nel dettaglio». Tra le idee al vaglio «c'è quella di far sì che venga specificato se la somma da devolvere è già stata arbitrariamente fissata (e magari già elargita) oppure se essa dipenda in qualche misura dall'andamento delle vendite. E, in quest'ultimo caso, quale percentuale dei guadagni verrà destinata alla causa in questione».

Faro anche sulle sponsorizzazioni: «L'intenzione, in sostanza, è quella di rendere noto al consumatore se l'eventuale partnership con un testimonial che presta la propria immagine per lanciare il prodotto in questione (come potrebbe essere, appunto, un influencer) sia o meno retribuita. Indicazioni, queste, che in caso di un prodotto venduto “a scaffale” potrebbero anche finire nell'etichetta, forse con un asterisco lì dove si specifica che una parte del ricavato verrà devoluta in beneficenza».

(Unioneonline/D)

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