Ergastolo a Impagnatiello: «Avvelenò Giulia per farla abortire, non per ucciderla»
I giudici della Corte d’Appello avevano escluso l’aggravante della premeditazione: le motivazioni della sentenzaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Non vi sono prove che «consentano di retrodatare il proposito» di Alessandro Impagnatiello di uccidere Giulia Tramontano «rispetto al giorno» in cui l'ha accoltellata. Secondo la Corte d’Assise d’Appello, l’avergli somministrato il topicida nei mesi precedenti mirava a provocare un aborto spontaneo, una «drastica “soluzione”» al figlio che la donna aspettava e che lui «identificava come “il problema” per la sua carriera, per la sua vita». Per questo motivo, pur confermando l’ergastolo, i giudici non hanno riconosciuto la premeditazione: l’avvelenamento aveva come obiettivo «l'aborto del feto» e non l’«omicidio (...) della madre».
Nelle 59 pagine, depositate con largo anticipo rispetto ai tempi indicati il giorno della lettura del dispositivo - risale allo scorso 25 giugno -, i giudici pur contestando la crudeltà e il vincolo della convivenza, hanno spiegato che in sostanza non vi è stata una "deliberazione criminosa coltivata nel tempo e mai abbandonata fino a raggiungere il proposito (...) «maturato irretrattabilmente» solo alle ore 15 - ricostruisce la Corte - del 27 maggio» di due anni fa. Quel pomeriggio il barman avrebbe intuito che sarebbe stato «smascherato» da Giulia e dalla ragazza con cui aveva una relazione parallela (le due si erano incontrate nello stesso giorno e si erano scambiate confidenze): non appena saputo che la compagna stava “piombando” all'Armani Hotel dove lui era in servizio, alle 17.00 abbandonava il posto di lavoro e rientrava in motorino a casa a Senago. E attorno alle 19.00, appena Giula «metteva piede nell'appartamento dove era attesa, veniva assalita e uccisa» con 37 fendenti di cui 11 quando era ancora in vita.
Si tratta di un «intervallo temporale troppo breve per soddisfare il requisito cronologico» richiesto per contestare la premeditazione e poi le «azioni 'neutre» come il rincasare e aspettare la convivente «non riescono a disegnare alcun agguato, significativo»per ritenere sussistente l'aggravante. Cosa su cui Chiara, la sorella di Giulia, aveva sollevato con un post sui social una dura polemica. Per la Corte «Impagnatiello ha ucciso» la fidanzata «perché lei (...) lo aveva sbugiardato dinnanzi a coloro che, ai suoi occhi, rappresentavano la proiezione “pubblica” di sé», infliggendogli una «intollerabile umiliazione».
(Unioneonline)