«Oggi percorreremo brevemente le tappe fondamentali di un viaggio nell'orrore. Un orrore che ha portato all'omicidio di Giulia Tramontano e del suo bambino, trucidati con 37 coltellate con inaudita violenza il 27 maggio del 2023». Così la pm Alessia Menegazzo all'inizio della sua requisitoria nel processo a carico di Alessandro Impagnatiello per l'omicidio pluriaggravato della fidanzata incinta di sette mesi. In aula ci sono i familiari della vittima tra cui la madre Loredana Femiano, il padre Franco e il fratello Mario. 

Impagnatiello è seduto nella gabbia degli imputati con lo sguardo sempre impassibile e con la testa spesso chinata. Come è stato fatto sapere all'inizio dell'udienza, ha espresso la volontà di non essere fotografato né ripreso.

Il piano e i depistaggi

«L'omicidio del 27 maggio è solo l'epilogo drammatico di un piano omicidiario iniziato molti mesi prima», ha spiegato la pm parlando di un «progetto mortale a lungo premeditato» per uccidere Tramontano. «L'imputato - ha detto - programmava da mesi l'omicidio, tentando di eliminare madre e figlio con la somministrazione di veleno». Il 27 maggio 2023 Alessandro Impagnatiello ha «semplicemente cambiato la strategia in un progetto già premeditato, cominciato con l'avvelenamento di Giulia e Tiago dal dicembre 2022, e dopo l'incontro tra lei e l'altra ragazza lui ha colto l'occasione al volo, come un giocatore di scacchi ha fatto l'ultima mossa». Quel giorno poi «ha messo in scena la scomparsa di Giulia» Tramontano, «ha reso cenere il cadavere per cancellare ogni prova» e così Giulia «sarebbe stata l'ennesima donna scomparsa». 

«La denuncia di scomparsa per allontanamento volontario è uno dei tanti tentativi di depistare gli inquirenti per allontanare sospetti da sé». L'ex barman aveva fatto credere che «la povera Giulia soffrisse di depressione e che aveva già tentato il suicidio. Questa è l'informazione che lui fa veicolare», ha detto la pm, definendola «indicativa del suicidio che in realtà voleva simulare».

«Messinscena di un certo calibro»

«Non solo continua a mentire, ma induce anche suo fratello e sua madre a mentire. Li induce a dire ai carabinieri che non ha un garage, perché nel garage c'è il corpo martoriato di Giulia», prosegue Menegazzo, ripercorrendo i giorni successivi all'omicidio, dopo che Impagnatiello era andato a presentare la denuncia. Il pubblico ministero parla di una «messinscena di un certo calibro» e di un uomo «senza pietà anche nei confronti di madre e fratello, manipolati dall'inizio alla fine per portare avanti la sua farsa».

Alessandro Impagnatiello «presenta tratti di "narcisismo mortale”, ha ammesso i fatti solo quando è stato messo con le spalle al muro, ha ammesso i fatti con un ennesimo tentativo di manipolare la realtà a suo vantaggio, non è stata una confessione spontanea». «Gli psichiatri sentiti in questo processo hanno bene spiegato il rischio di serialità. Il primo omicidio è disordinato, gli altri sono più razionali e organizzati».

La ricostruzione

«Quella sera - ha continuato -, in modo ostinato, l'imputato insiste, dicendole che il figlio di Giulia non era suo. Insiste anche dopo averla ammazzata. Ostinato, ribadisce che la compagna ha seri problemi psichici. Tutto ciò dopo che l'aveva barbaramente uccisa». La pm ha poi spiegato che «Impagnatiello disse a un collega che non ci sarebbero più stati ostacoli alla sua relazione con l'altra donna, questo è il movente dell'omicidio, Giulia e Tiago erano diventati per lui degli ostacoli»

«È un bugiardo. È uno psicopatico, bugiardo e senza scrupoli. Non c'è nessun segno di difesa nella povera Giulia, nessuno. Questo perché lui, quando è tornato a casa, ha organizzato un vero e proprio agguato. Qui davanti a voi ha raccontato una storia che non ha senso. La scena del crimine è stata preparata con estrema cura». La vittima, ha osservato, «ha firmato la propria condanna a morte quando gli ha detto che aspettava un bambino». Tra le menzogne menzionate dal pubblico ministero, anche quella sul veleno per topi, che Impagnatiello aveva detto in aula di aver somministrato alla compagna per due volte allo scopo di indurle un aborto. «Ha provato a manipolare tutti i dati processuali: c'è stato un avvelenamento sistematico. Ha provato a farci credere che il topicida era diretto all'interruzione della gravidanza e, smentendo tutti i risultati scientifici dell'autopsia, ha detto che le avrebbe somministrato veleno solo due volte. Peraltro - ha aggiunto la pm - in una scena raccapricciante da film dell'orrore, cioè mentre Giulia dormiva. Non è andata così. La quantità di veleno purtroppo era tale da aver superato la placenta. Non sono state due somministrazioni».

La richiesta dell’ergastolo

La procuratrice aggiunta di Milano Letizia Mannella e la pm Alessia Menegazzo al termine della requisitoria hanno chiesto la condanna all'ergastolo con 18 mesi di isolamento diurno. L'ex barman è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dai futili motivi e dall'aver ucciso la convivente. Deve inoltre rispondere di interruzione di gravidanza non consensuale e di occultamento di cadavere. Dopo tutti gli interventi delle parti, se ci sarà tempo i giudici (togati Bertoja e Fioretta) potrebbero ritirarsi in camera di consiglio per la sentenza.

(Unioneonline/D)

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