Nuova udienza, davanti alla Corte d’Assise di Milano, per Alessandro Impagnatiello, imputato per l’omicidio pluriaggravato della sua compagna, Giulia Tramontano, e del bimbo che portava in grembo, avvenuto con 37 coltellate nella loro casa di Senago.

Oltre all’esame dell’ex barman, che risponde alle domande dei suoi avvocati – Giulia Geradini e Samanta Barbaglia – ci sono le testimonianze degli psichiatri per la consulenza difensiva dalla quale è emerso che Impagnatiello soffre di «un complesso disturbo» con «tratti narcisistici» e «ossessivo compulsivi».

I giudici hanno disposto per l’imputato la perizia psichiatrica, il 27 giugno assegneranno l’incarico.

«Essere così superficiale da andare a confessare la relazione parallela alla mia compagna in gravidanza era l'ennesimo sintomo che la mia testa stava impazzendo. Non sto dicendo che io sia pazzo, ho sperato di crederlo, ho voluto credere di essere pazzo. Non penso di essere pazzo», ha detto l’imputato alla domanda sul perché, nel dicembre del 2023, aveva confessato a Giulia il tradimento con una collega dell'Armani Cafè, per poi decidere di ritrattare. «Dissi a Giulia della relazione parallela e - ha detto ancora - la sua reazione fu negativa. Era scossa quella sera».

LE INCONGRUENZE – Sono emerse discrepanze tra quanto ha affermato in aula Impagnatiello e quanto risulta dagli atti delle indagini come le copie forensi del suo telefono o gli esiti dell'autopsia. Questo è quanto risulta da alcune domande per precisazioni poste al barman dal pm Alessia Menegazzo. In particolare, tra le incongruenze evidenziate dall'accusa, una riguarda la vacanza a Ibiza con Giulia, poche settimane prima di ucciderla. Il 31enne ha detto che si sarebbe dimenticato dell'altra ragazza con cui aveva una relazione parallela al punto da non rispondere nemmeno ai messaggi che gli inviava. «È sicuro di quello che ha raccontato? - chiede il pubblico ministero - Perché le copie forensi raccontano altro. In tre giorni troviamo oltre 500 scambi tra foto e messaggi». E lui: «Sì è vero, mi scriveva, mi cercava, io tardavo a risponderle, mi ero distanziato moltissimo da lei». Per esempio «la foto del mare, ma era un rispondere ai dieci, venti messaggi che mi mandava, era una cosa minuscola rispetto al nostro standard». Inoltre dall'esame autoptico, diversamente da quanto ha affermato alla scorsa udienza ossia che quando ha accoltellato Giulia lei era accovacciata davanti a un mobile in sala per cercare un cerotto per via di una piccola ferita, non risulta alcun taglio alla mano: «No, dice lui, si era tagliata a un dito, ma non gravemente», ha replicato al pubblico ministero. Tra le altre incongruenze messe in luce dalla Procura, anche quella in merito a «una discussione pacifica» tra lui e Giulia, poco prima dell'omicidio. Versione data alla scorsa udienza dall'uomo e che stride con le «urla di una donna» sentite da una vicina convocata come teste.

LE COLTELLATE - «Quando sono venuto a conoscenza in carcere da un servizio in televisione di averle dato 37 coltellate, una cosa che feci automaticamente fu mimare il gesto della mano per 37 volte. Non che ci sia un numero corretto, però è una cifra spaventosa, soffocante», ha detto Impagnatiello, che dopo il fermo disse di avere inferto a Giulia soltanto tre colpi.

LE DICHIARAZIONI - «Vorrei trovare una possibilità di redenzione per cercare di restituire le briciole anche se so che nulla cambierà. In carcere gli educatori mi hanno detto che non posso più tornare indietro ma posso però guardare avanti, sicuramente è facile a dirsi ma difficile a farsi. Io so che non posso tornare indietro, se potessi fare qualsiasi cosa per tornare indietro in questi mesi la farei. Sto ancora tanto lavorando su me stesso. Porto avanti meccanicamente la mia esistenza più che la mia vita. Per me oggi è come se fosse l'udienza scorsa del 27 maggio. Il 27 maggio è una data molto importante, simbolica» ha aggiunto in riferimento al giorno dell'omicidio. «Non so quale sarà il mio futuro, la mia esistenza. So solo che lo scopo della mia vita di oggi, la mia nuova vita è quello di fare qualcosa, qualsiasi cosa» anche se «non mi farà tornare indietro» né riavere «Giulia e il bambino. Farei qualsiasi cosa per risarcire» e ha aggiunto che l'omicidio fa parte di una «unica fetta del mio passato così distanziato da quello che sono stato io. Era come se avessi davanti una persona che aveva il mio nome e il mio corpo».

(Unioneonline/s.s.)

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