«La persona che ero in quel periodo non è quella di oggi. Questo processo mi sta aiutando a mettere a posto dei punti che avevo sparsi, dei tasselli confusi. Ora posso parlare della reale verità, oggi sono una persona lucida».

Ha esordito così Alessandro Impagnatiello, accusato dell'omicidio di Giulia Tramontano, la sua fidanzata al settimo mese di gravidanza, morta un anno fa, rispondendo in aula al processo che lo vede imputato a Milano.

Impagnatiello ha anche ricostruito i momenti del delitto: «Giulia mi ignora. Io mi muovo, vado verso la cucina, vedo che c'era questo coltello con cui stava tagliando delle verdure». Lei, intanto, era china in soggiorno per prendere un cerotto da un cassetto, visto che si era tagliata. Allora, aggiunge l’imputato, «mi metto immobile alle spalle in attesa che si rialzi per tornare in cucina. Poi l'ho colpita all'altezza del collo, ma non so con quanti colpi».

Macabri sono anche i particolari dei giorni immediatamente successivi all’omicidio, avvenuto a Senago, nell’hinterland milanee il 30 maggio 2023: «Sono andato a pranzo da mia mamma con l'auto, a bordo c'era il corpo di Giulia».

Alla domanda della pm Alessia Menegazzo su eventuali complici che l’abbiano aiutato, «assolutamente no» ha invece risposto l’ex barman, che ha anche ammesso di aver tentato di sviare le indagini: «I messaggi che mandavo a Giulia erano lettere di addio, era quella parte di me che non credeva a ciò che era successo. Una parte di me che contrastava con quella che aveva agito senza controllo quella sera». E poi i tentativi di dare fuoco al corpo: «Volevo renderla cenere», ha spiegato Impagnatiello in aula.

Domande gli sono state poste anche sui tentativi di avvelenamento. «Ho somministrato il veleno per topi a Giulia mentre dormiva, qualche chicco, per due volte nella prima metà di maggio. Ma non per farle del male, ma per provocare un aborto», ha spiegato l’ex barman. Aggiungendo: «Non è stata una cosa continuativa, è avvenuto a maggio, in due occasioni, a distanza breve». 

(Unioneonline/l.f.)

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