Cade il divieto assoluto per gli coloro che sono stati condannati al cosiddetto "ergastolo ostativo" per reati di mafia o terrorismo di accedere a permessi premio durante la detenzione.

Dopo che la Corte europea dei diritti umani ha chiesto all'Italia di rivedere la legge sul "fine pena mai", la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 bis, comma 1, dell'ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità della partecipazione all'associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata.

Sempre che, ovviamente, spiegano gli ermellini, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo.

In questo caso, la Corte Costituzionale - pronunciandosi nei limiti della richiesta dei giudici che hanno sollevato la questione - ha quindi sottratto la concessione del solo permesso premio alla generale applicazione del meccanismo "ostativo" (secondo cui i condannati per i reati previsti dall'articolo 4 bis che dopo la condanna non collaborano con la giustizia non possono accedere ai benefici previsti dall'Ordinamento penitenziario per la generalità dei detenuti).

In virtù della pronuncia della Corte, la presunzione di "pericolosità sociale" del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. (Unioneonline/F)/a>
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