"Una ferita profonda per le nostre coscienze".

È così che il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha definito la morte di Giulio Regeni, il ricercatore friulano scomparso a gennaio 2016 al Cairo, in Egitto, e trovato morto pochi giorni dopo con evidenti segni di tortura sul corpo.

Un omicidio le cui ragioni non sono ancora state chiarite e su cui oggi Alfano ha parlato nuovamente davanti alla commissione Esteri di Camera e Senato.

"Dopo un primo insuccesso nel dialogo tra i magistrati italiani ed egiziani - questa la ricostruzione data - l'Italia ha chiesto un cambio di passo e un loro impegno più fattivo". Successivamente, con incontri in settembre e dicembre 2016 e poi maggio e agosto 2017, "i magistrati egiziani hanno soddisfatto, pur se in maniera parziale, le richieste di rogatorie".

L'AMBASCIATORE IN EGITTO - Una crescente collaborazione che, dopo il richiamo dell'ambasciatore al Cairo Maurizio Massari, ha portato a un recupero dei rapporti e all'invio (il prossimo 14 settembre) di un nuovo rappresentante italiano, Giampaolo Cantini, "un diplomatico di comprovata esperienza, che intende rafforzare l'impegno politico e morale del governo al perseguimento della verità, una verità non di comodo".

"L'Egitto è partner ineludibile dell'Italia esattamente come l'Italia è partner ineludibile dell'Egitto", ha proseguito Alfano. "La ripresa di un dialogo bilaterale tra i due Paesi è interesse nazionale dell'Italia".

IL DIBATTITO - "È il discorso più ipocrita che io abbia sentito da quando sono parlamentare della Repubblica", ha risposto Alessandro Di Battista dalle fila dei 5 stelle, citando l'articolo del New York Times secondo cui Washington ha fornito all'allora governo Renzi "prove esplosive circa il coinvolgimento dei servizi segreti egiziani nella tortura e nell'assassinio di Giulio Regeni".

"Non avete detto una parola su quell'articolo", ha detto Di Battista.

(Redazione Online/D)

L'ACCUSA DEL NYT:

UN ANNO DALLA MORTE:

LA LITE TRA CASINI E DI BATTISTA SUL CASO REGENI:

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