Burioni: "Per ridurre i tempi di sperimentazione infettare dei volontari vaccinati"
Sul vaccino anti-Covid la ricerca sta facendo passi da gigante. L'idea per ridurre da un anno a pochi mesi i tempi di sperimentazione sull'uomoProvare a infettare persone giovani e sane per velocizzare i tempi di sperimentazione del vaccino contro il Sars CoV-2. L'idea l'ha lanciata il virologo Roberto Burioni - che ha riconosciuto l'esistenza di un problema "etico" - ieri sera dagli studi di "Che tempo che fa", su Rai2.
Burioni in primis ha parlato dell'evoluzione dell'epidemia: "Siamo stati bravi e i risultati si vedono. Ci sono meno ingressi in ospedale e in terapia intensiva: il nostro comportamento sta dando i primi frutti, non dobbiamo mollare".
Date esatte per l'uscita dall'emergenza non si possono dare: "Ma ne usciremo - assicura il virologo - e per quando sarà il momento dobbiamo essere pronti. Dobbiamo avare le mascherine, servirà fare tantissimi tamponi e le app per tracciare i contatti dei positivi. La contagiosità di questo virus è molto superiore a quanto pensassimo, e spesso viene da persone asintomatiche, quindi dobbiamo tutti considerarci malati e ricordare che questa malattia può durare anche un mese".
Poi, assieme al prof dell'Università di Pittsburgh Andrea Gambotto, ha spiegato i passi avanti compiuti in materia di vaccino, che già ha dato risultati importanti sugli animali. Si tratta di un vaccino-cerotto basato sulla proteina "spike", la chiave d'ingresso del virus nella cellula umana.
Insomma, la scienza sta andando a "velocità mai conosciute prima".
Quindi l'idea di Burioni, che circola tra diversi scienziati. "Come si fa a capire se un vaccino funziona? Si prendono 4mila persone, 2mila si vaccinano e 2mila no, poi si seguono nel tempo per vedere se tra i non vaccinati c'è maggiore incidenza della malattia".
Un metodo che richiede "molto tempo", per questo "si sta cominciando a parlare della possibilità di sperimentare il vaccino su dei volontari".
Come? "Si prendono delle persone giovani, persone che non dovrebbero soffrire grande danno dall'infezione, si vaccinano e poi si prova a infettarle. Su questo c'è un problema non scientifico ma etico. Se la cosa venisse eticamente accettata potremmo ridurre quell'anno che serve per sperimentare il vaccino a pochi mesi".
(Unioneonline/L)