Arrestato Antonello Lovato, il datore di lavoro di Satnam Singh: «Condotta disumana»
«Se soccorso tempestivamente, si sarebbe salvato», ha accertato l’autopsia. Cambia dunque l’ipotesi di reato, non omicidio colposo ma dolosoAntonello Lovato (Ansa)
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È stato arrestato dai carabinieri di Latina Antonello Lovato, datore di lavoro di Satnam Singh, il bracciante di origine indiana morto dopo un incidente sui campi, abbandonato dall’imprenditore sotto casa dopo che un macchinario avvolgi-plastica a rullo gli aveva tranciato un braccio e schiacciato gli arti inferiori.
L’accusa per Lovato è pesantissima, omicidio doloso. «Sulla scorta delle risultanze della consulenza medico legale – fa sapere la Procura di Latina – è variata l’ipotesi inizialmente configurata (omicidio colposo) e si contesta il reato di omicidio doloso con dolo eventuale». L’esame ha infatti accertato che se l’uomo, «deceduto per la copiosa perdita di sangue, fosse stato tempestivamente soccorso, si sarebbe con ogni probabilità salvato».
Nella nota la Procura di Latina aggiunge che «le condizioni del lavoratore dopo l'infortunio sono risultate talmente gravi da rendere evidente la necessità di un tempestivo soccorso». Dunque, «la decisione di omettere il doveroso soccorso ha costituito accettazione del rischio dell'evento letale e ha integrato la causa che ha direttamente determinato il decesso».
«Prescindendo da valutazioni etiche (irrilevanti per il diritto penale) che pure si imporrebbero a fronte di una condotta disumana e lesiva dei più basilari valori di solidarietà, non può sottacersi che l'indagato si è intenzionalmente e volontariamente disinteressato delle probabili conseguenze del suo agire», scrive il gip di Latina, Giuseppe Molfese, nell'ordinanza cautelare.
Il giudice ricostruisce quanto avvenuto il 17 giugno a Cisterna di Latina: «Lovato, contrariamente a quanto dovuto, carica il corpo nel furgone e separatamente l'arto amputato e abbandona il corpo e l'arto a via Genova, dandosi alla fuga».
Per il tribunale di Latina è di tutta evidenza la circostanza per la quale l'indagato non voleva la morte del suo bracciante indiano, ma «per la condotta posta in essere e le lucide modalità operative (sconfessate solo delle sue dichiarazioni, a tenore delle quali avrebbe agito nei termini descritti perché sotto shock) ha ragionevolmente previsto il probabile decesso del Satnam, accettando consapevolmente il rischio».
Le condizioni del bracciante «rendono, per la valutazione di chiunque, inevitabile l'evento mortale, soprattutto in assenza di un repentino intervento sanitario». I comportamenti successivi all'abbandono del corpo «argomentano e caratterizzano univocamente la condotta omicidiaria - scrive il gip -, proprio nei termini descrittivi del dolo eventuale».
L'indagato ha omesso di chiamare i soccorsi, «fugge con il furgone, provvede a ripulire il sangue: la principale finalità dell'indagato era di tutta evidenza quella di celare l'accaduto, d'altra parte, un suo lavoratore, irregolare sul territorio nazionale, privo di contratto, sguarnito di protezioni anti-infortunistiche e adoperando strumentazione da lavoro non certificata, si era amputato un braccio, perdeva copiosamente sangue e aveva subito altre gravi lesioni».
L’indagine, precisano gli inquirenti, prosegue sia con riferimento al delitto oggetto di contestazione che ad altri delitti commessi, «con riguardo specificamente all’accertamento delle condizioni di lavoro».
(Unioneonline/L)