Secondo le segnalazioni che arrivano agli sportelli online di tutela degli animali di Aidaa (Associazione italiana difesa animali e ambiente) il fenomeno dei gatti uccisi e cucinati, riferisce l'associazione animalista in una nota, "è ben presente,anche se in maniera decisamente minore rispetto al passato".

Non solo per effetto della crisi ma "una vera e propria abitudine culinaria", che seppure vietata per legge, e punita addirittura con la reclusione (uccidere un gatto è reato penale che rientra nell'articolo 544 del codice penale che riguarda il maltrattamento e l'uccisione degli animali di affezione) è ancora radicata in alcune zone specifiche dell'Italia del centro-nord ed in particolare in Veneto, soprattutto nelle zone di Vicenza e Verona, ma anche nelle province che stanno ad est della Lombardia (Bergamo, Brescia e Mantova) e in alcune zone del Piemonte e dell'Emilia Romagna. "Stanno migliorando le cose - dice il presidente di Aidaa Lorenzo Croce - ma il fenomeno dell'allevamento e dell'uccisione di gatti a scopo culinario è purtroppo ancora vivo e vegeto, spesso nascosto tra le pieghe della società ma non per questo del tutto scomparso".
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