Il giorno dell’Epifania di 44 anni fa la mafia uccideva Piersanti Mattarella, esponente della Dc, presidente della Regione Sicilia e fratello dell’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Mattarella aveva dichiarato guerra al malaffare, annunciando una linea di assoluta intransigenza nei rapporti tra le istituzioni siciliane, molto spesso colluse, e Cosa Nostra. Un ostacolo per la mafia, che decide così di toglierlo di mezzo.

È domenica mattina, Mattarella sale a bordo della sua Fiat 132 in via della Libertà a Palermo, assieme a moglie, due figli e suocera, per andare a messa. L’auto non è blindata, non c’è scorta, almeno la domenica Mattarella vuole dare una parvenza di normalità alla sua vita e rinunciare alla protezione.

Ma passano pochi istanti e un uomo si avvicina alla vettura, crivellandola di colpi con una Colt 38 e uccidendo Mattarella. È proprio il fratello Sergio ad estrarre il corpo dall’abitacolo inondato di sangue e a portare Piersanti in ospedale. I medici non possono nulla, il presidente della Regione è morto sul colpo, raggiunto a torace, testa e spalla dalle pallottole esplose da un metro di distanza.

Due le piste: la mafia, contro cui il presidente di Regione aveva scatenato una vera e propria guerra contrapponendosi nettamente ai compagni di partito della corrente andreottiana vicina a Cosa Nostra, Salvo Lima e Vito Ciancimino. E il terrorismo nero: siamo a due anni dall'omicidio di Aldo Moro e la Giunta di centrosinistra di Piersanti Mattarella si è formata con l'appoggio esterno del PCI, in continuità con la politica del compromesso storico.

Grazie alle dichiarazioni dei pentiti Tommaso Buscetta e Gaspare Mutolo vengono condannati in via definitiva esponenti di spicco di Cosa Nostra: Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci.

Ma negli ultimi anni riemerge la pista nera, l’ipotesi, già avanzata da Giovanni Falcone, è quella di una collaborazione tra mafia e terrorismo nero.

(Unioneonline/L)

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