Era il 18 gennaio 2017 quando una valanga travolgeva l’Hotel Rigopiano, resort di Farindola, in provincia di Pescara, provocando 29 morti tra ospiti e dipendenti. 

In questi giorni è ripreso presso la Corte d'Appello dell'Aquila il processo di secondo grado per la tragedia. In primo grado, davanti al gup del Tribunale di Pescara, il processo si era concluso con 25 assoluzioni e cinque condanne lievi. Una sentenza che aveva fatto esplodere la rabbia dei familiari delle vittime.

In particolare, sono stati condannati il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, a due anni e otto mesi di reclusione, il dirigente del settore viabilità della Provincia di Pescara e il responsabile del servizio viabilità dell'ente, Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio (tre anni e quattro mesi di reclusione ciascuno), l'ex gestore dell'albergo della Gran Sasso Resort & Spa, Bruno Di Tommaso, e Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica per l'intervento sulle tettoie e verande dell'hotel (sei mesi di reclusione). Assolti in primo grado, tra gli altri, l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, l'ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco e soggetti appartenenti a varie istituzioni, Regione, Provincia, Comune e Prefettura.

L'accusa aveva chiesto 26 condanne, per un totale complessivo di 151 anni e mezzo di reclusione, e quattro assoluzioni.

Un grande striscione nel ricordo delle 29 vittime dell'Hotel Rigopiano (Ansa)
Un grande striscione nel ricordo delle 29 vittime dell'Hotel Rigopiano (Ansa)
Un grande striscione all'ingresso del Tribunale di Pescara nel ricordo delle 29 vittime dell'Hotel Rigopiano (Ansa)

Il Comune in particolare - era stata la ricostruzione degli inquirenti - non aveva attivato la Commissione valanghe e non aveva messo in pratica il Piano emergenze e gli strumenti urbanistici preventivi, come la realizzazione delle barriere protettive antivalanghe. Avrebbe dovuto attivarsi per sgomberare l'hotel subito dopo l'ordinanza di chiusura delle scuole, emessa il giorno prima della valanga. La Provincia invece era finita nel mirino soprattutto per la “strada trappola”, i 9 chilometri che dal bivio in località Mirri portavano fino all'hotel, in cui rimase bloccata per ore la colonna dei soccorsi. Se fosse stata libera dalla neve, gli ospiti dell'hotel avrebbero avuto la possibilità di lasciarlo dopo le scosse di terremoto.

In Appello la Procura ha ribadito le responsabilità dei vari enti, dal Comune di Farindola alla Provincia di Pescara, alla Regione Abruzzo e alla Prefettura di Pescara, in relazione a reati tra cui quello di disastro colposo, ma anche depistaggio, ad esempio, riferito all'allora prefetto Francesco Provolo.

La sentenza è attesa per il 9 febbraio.

(Unioneonline/D)

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