I dati parlano chiaro. A tre settimane dalle riaperture del 26 aprile non si vedono segnali di ripresa dell’epidemia. Anzi, la discesa si fa sempre più ripida.

Quando sono scattate le riaperture graduali (il “rischio calcolato” di cui parlò Mario Draghi) l’incidenza nazionale era intorno ai 160 casi settimanali ogni 100mila abitanti. Ora, stando ai dati aggiornati a ieri, sono 85, quasi dimezzati. 

In terapia intensiva c’erano quasi 3mila pazienti in terapia intensiva, ora 1.805. Negli altri reparti erano ricoverate più di 20mila persone, ora sono 12.493.

Numeri che fanno esprimere un certo ottimismo anche al sempre cauto Franco Locatelli, coordinatore del Cts: “L’analisi dei dati indica che le aperture decise secondo il criterio del rischio ragionato non si sono associate a una ripresa della curva epidemica”, afferma, sottolineando anche la discesa dell’Rt evidenziata dall’ultimo monitoraggio (da 0,89 a 0,86).

"L’analisi della prossima settimana – continua Locatelli – ci darà un quadro ancora più compiutamente definito, ma non avere al momento segnali di allerta è incoraggiante anche nella prospettiva di nuove misure di apertura, quali per esempio il prolungamento del coprifuoco, che il governo si accinge ad adottare. Resta fondamentale il principio di gradualità e progressività ricordato anche recentemente dal presidente del Consiglio Mario Draghi”.

Sull’ipotesi di togliere le mascherine all’aperto Locatelli ci va cauto: “E’ troppo presto, oggi la scelta non è ipotizzabile, ma è giusto iniziare una riflessione prospettica. Arriverà il tempo in cui potremo abbandonare le mascherine e riprendere ad abbracciarci”.

(Unioneonline/L)

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