L’esempio è quello dell’Emilia Romagna: «Con un tasso di dispersione al di sotto della media nazionale ha impugnato immediatamente alla Corte Costituzionale il comma della legge di bilancio, che taglia l’investimento all’istruzione imponendo un’ulteriore riduzione delle autonomie scolastiche». La Sardegna, invece, «ha deciso di affidarsi alla benevolenza del ministro del Merito e dell’Istruzione, limitandosi ad inviare una cortese lettera di protesta». 

L’accusa arriva dalla responsabile del settore dell’Istruzione del Pd in Sardegna, Dolores Lai, delegata dal segretario regionale Piero Comandini. Il risultato è che «l’Isola perderà oltre 40 autonomie scolastiche».

Le conseguenze di questa scelta politica, secondo Lai, «colpiranno in maniera differenziata i territori, aumentando ancora di più il divario e le diseguaglianze. In una regione come la Sardegna, fatta di piccoli e piccolissimi comuni distanti gli uni da gli altri, dove la decrescita demografica va di pari passo con l’aumento dell’abbandono scolastico gli effetti saranno particolarmente pesanti».

Resta la competenza della Regione su come distribuire le autonomie superstiti, «ma questo possibilità per noi è un inganno», sottolinea la referente del Pd. In Sardegna, rileva, «ci sono 314 paesi sotto i 5.000 abitanti e solo 16 comuni sopra i 15.000, dove risiede quasi la metà della popolazione sarda. Non basterà costruire istituti mostro nei centri più grandi per garantire autonomie che mantengano i requisiti di vicinanza alle comunità locali». 

Per Lai «non ci resta che sperare che la Corte Costituzionale accolga il ricorso presentato dalle altre Regioni visto che la nostra si è distratta».

(Unioneonline) 

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