«Gli applausi, i fiori, le lacrime di migliaia di persone al funerale di Emanuela ci hanno confortato perché ci hanno fatto sentire meno soli nel nostro dolore devastante. Ma ora vorremmo che quell’immenso affetto si trasformasse in un’unica voce che grida due sole parole: verità e giustizia».

Il dolore

La famiglia di Emanuela Mura, la quarantunenne di Cagliari travolta e uccisa da un pirata della strada all’alba del 29 novembre mentre faceva jogging nei pressi del cimitero di Carloforte, chiede l’aiuto di tutta la comunità dell’isola di San Pietro. Per la morte della donna è al momento indagato un 31enne del paese, Marco Repetto, che però dice di non ricordare nulla di quella tragica mattina. È stato denunciato per omicidio stradale e omissione di soccorso e la sua auto, pesantemente danneggiata dopo l’incidente che ha ammesso di aver avuto quella domenica, è stata sequestrata. «Sono passati dieci giorni – dice Giulia Mura, la sorella minore di Emanuela – giornate in cui ci hanno raggiunto mille voci di presunte verità non ancora emerse, di terze persone coinvolte, di persone che sanno qualcosa ma non parlano. Per noi ogni parola è un colpo al cuore, ogni dubbio rende più atroce l’incubo che abbiamo iniziato a vivere da quando Emanuela non è più tra noi. Ecco perché vorremmo che chi ha voluto bene a mia sorella, chi ha conosciuto la sua immensa forza ci aiutasse a sconfiggere l’omertà: chi sa qualcosa deve parlare. Carloforte è una piccola comunità, chiediamo che pretenda giustizia».

Nessun odio

Non c'è odio o voglia di rivalsa nelle parole di questa famiglia unitissima alla quale è stato spezzato il cuore: «Emanuela ci ha insegnato ad amare, a guardare il meglio nelle persone – dice Giulia – noi sappiamo che c’è un’altra famiglia che sta soffrendo per quanto è accaduto, siamo certi che ci sono due genitori combattuti tra l’amore per il figlio e il senso del dovere, ma adesso deve prevalere il buon senso. Bisogna pensare a Emanuela, alla vita che le è stata strappata, all’assurdo modo in cui è stata lasciata a morire da sola, sotto la pioggia e al freddo, senza che nessuno le tenesse la mano per farle coraggio, in quei minuti che hanno preceduto il suo ultimo respiro».

I ricordi

A far coraggio a questa famiglia devastata dal dolore ora c’è il ricordo della grande forza d’animo di Emanuela: «Una ragazza unica – dice il padre Bastiano – niente riusciva a scoraggiarla, neanche la malattia che aveva sfidato e stava sconfiggendo. Non meritava quanto le è accaduto e non merita l’omertà e il silenzio assordante che accompagna le indagini». Le giornate stanno trascorrendo con gli album dei ricordi felici di una vita purtroppo breve, dei progetti che Emanuela voleva realizzare a Cagliari, dove sognava di aprire una casa per studenti, e a Carloforte, dover aveva intenzione di avviare un’impresa di pulizie per case e yacht: «Era un perenne fiume in piena – ricorda ancora Giulia – amava la musica e aveva una voce incredibile, aveva girato il mondo, parlava tre lingue. Nulla poteva spaventarla e diceva che se la malattia aveva scelto lei lo aveva fatto perché lei sola era in grado di combatterla». Una settimana prima dell’incidente aveva festeggiato la fine della chemioterapia: «Trovava sempre motivi per festeggiare. È stata l’ultima volta in cui la nostra famiglia si è riunita per un lungo momento di gioia, non potevamo sapere che sarebbe stato l’ultimo».

Stefania Piredda

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