di LUCIO SALIS

In primavera nascerà in Sardegna la Banca del cordone ombelicale, presidio indispensabile per combattere tumori e malattie genetiche. Si tratta di un deposito di cellule staminali, estratte dalla placenta delle neo mamme, da trapiantare su persone colpite da leucemia, talassemia e linfomi, giusto per citare le malattie principali. Ma sono circa un'ottantina le patologie per le quali è possibile ottenere la completa guarigione. E solo grazie a un atto di generosità: l'assenso all'utilizzo delle placente, altrimenti destinate a essere distrutte. Per una singolare coincidenza, proprio nel momento in cui nasce un bimbo, si può ridare la vita a persone. Sinora infatti, l'unica cura per alcune malattie genetiche era il trapianto di midollo osseo. Ma l'impiego di cellule staminali presenta indubbi vantaggi. Come spiega il professor Licinio Contu, genetista nuorese che da una quindicina di anni si batte per la creazione della Banca in Sardegna: «Il sangue del cordone ombelicale non produce reazioni di rigetto, come invece può accadere con il midollo osseo. E usando le staminali non è necessaria la perfetta identità fra donatore e trapiantato, indispensabile se si ricorre al midollo».

LA SEDE La Banca del cordone ombelicale nascerà a Cagliari. Avrà sede presso il Centro regionale trapianti dell'ospedale Binaghi, diretto dal professor Carlo Carcassi, ma la direzione è stata affidata al dottor Marino Argiolas, responsabile del reparto Immunologia dei trapianti, presso il Centro Trasfusionale diretto da Michele Bajorek.Perché il nuovo presidio possa funzionare, sarà però necessaria la collaborazione di tutti i reparti di ostetricia esistenti in Sardegna. Per questo è già iniziata l'opera di preparazione del personale. Il materiale proveniente dagli ospedali verrà poi lavorato al Brotzu. Le sacche contenti le cellule staminali saranno quindi conservate al Binaghi.

I NUMERI La Banca di Cagliari sarà la diciannovesima in Italia. Attualmente, ce ne sono 8 al Nord, 5 al Centro, 5 al Sud. In tutto, raccolgono 30.685 unità di sangue (sacche). Di queste, 28 mila sono conservate per scopo solidale, destinate a pazienti sconosciuti; 1900 a scopo dedicato, cioè per il trapianto di un familiare malato; 113 per scopo autologo, trapianto sullo stesso soggetto da cui provengono le cellule del cordone. Pratica, precisa Contu, vietata dalla legge, salvo in casi ben identificati.

LA POLEMICA Oggi le strutture pubbliche italiane si prefiggono l'obiettivo di raccogliere 100 mila unità. Difficile da raggiungere a causa di quella che Contu definisce «concorrenza sleale» di 43 società scientifiche private, con sede all'estero, che conservano il sangue del cordone ombelicale solo per il trapianto autologo (34 mila unità fra il 2006 e il 2009). Per il professore, si tratta di «un'attività truffaldina», perché queste società «promettono alle donne una sorta di assicurazione biologica» per i loro figli in cambio di cifre che vanno da 2000 a 3000 euro per il prelievo e da 200 a 300 euro all'anno per la conservazione. «Le convincono dicendo che i loro piccoli potranno essere colpiti da malattie curabili con cellule provenienti dal cordone ombelicale. Non è vero». Contu precisa che «documenti delle società scientifiche internazionali dicono che la donazione per scopo autologo del sangue del cordone ombelicale non serve a nulla. La possibilità che il bambino possa utilizzare le proprie cellule sono una a centomila. E infatti nessuna delle 45 mila unità di sangue esportate all'estero negli ultimi dieci anni è stata utilizzata per trattare uno di quei bimbi che lo ha donato».
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