Mauro Pili

Lo insegnano alle “elementari” del diritto costituzionale. La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Regioni e dallo Stato. Sino a prova contraria. Se, però, l’occasione è ghiotta, segreta, blindata, da ottenere a tutti i costi, la platea si amplia, sino a schierare nientemeno che il Ministero della Difesa. L’operazione è sottotraccia, scritta in un decreto blitz che mira a riempire il Bel Paese di pale eoliche e specchi fotovoltaici. Una sorta di ulteriore corsia di accelerazione, l’ennesima, per soddisfare speculatori del vento e del sole, a partire dall’Isola di Sardegna.

Manina nucleare

Con il pacchetto delle “rinnovabili” da foraggiare a suon di bollette sempre più care questa volta, però, la “manina” nucleare, prima che finisse il 2023 e iniziasse il nuovo anno, ha aggiunto l’ennesimo grimaldello delle lobby radioattive, quelle che da sempre operano a trattativa privata, secondo i codici militari del segreto di Stato. Un connubio tanto ardito quanto pericoloso che scaraventa sulla Sardegna l’ennesima ombra nucleare, quella del deposito unico di scorie radioattive. È da tre anni che ci provano in lungo e in largo, nonostante la Costituzione, l’eterna violata, abbia sancito uno scudo teoricamente inviolabile, quello della Regione a Statuto speciale della Sardegna.

Tutti uguali

Eppure, dopo l’esito plebiscitario di un sacrosanto referendum popolare contro le scorie radioattive, l’assalto verso la Sardegna non è mai cessato, prima sottotraccia e poi con atti espliciti con la pubblicazione reiterata, prima nel 2021, Governo Conte II, ed il mese scorso, Governo Meloni, della mappa con ben 14 aree individuate come idonee per realizzare in terra sarda la “discarica” radioattiva di Stato.

Inutile levata di scudi

Non è bastata l’alzata di scudi, tecnica, costituzionale e popolare della Sardegna contro il governo dei cinque stelle e Pd che a gennaio del 2021, con l’autorizzazione del Ministro dell’Ambiente, il generale dei Carabinieri pentastellato Sergio Costa, e di quello dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, ha dato il via libera alla pubblicazione ufficiale della mappa “radioattiva”, con l’Isola coinvolta senza pudore tra i siti prescelti per il deposito nucleare. A dicembre scorso, invece, era stato il forzista Pichetto Frattin, Ministro della Sicurezza energetica, con il suo collega Adolfo Urso, Sviluppo Economico, Fratelli d’Italia, a dare alle stampe l’ennesimo scacchiere dei siti idonei: la Sardegna ancora una volta compresa in quella nefasta cartografia nucleare. Le opposizioni dei Comuni, della Regione, del referendum popolare, ancora una volta cestinate, senza colpo ferire. Negli ambienti dei Palazzi romani, però, le lobby nucleari hanno una stramaledetta fretta. A costo di perseguire scorciatoie azzardate si muovono con la spregiudicatezza di chi deve a tutti i costi realizzare quel deposito “unico”, nonostante le disposizioni comunitarie parlino di “gestione unitaria” delle scorie radioattive, ben diverso dal progetto utile solo spendere una valanga di miliardi al servizio di “esclusive” imprese pronte a realizzare una cattedrale di rifiuti atomici.

I signori dell’uranio

I signori dell’uranio da “immondezza” sanno che la scelta del sito si trascina da troppi anni per fidarsi di una procedura che non arriverà mai alla fine. È per questo motivo, in piena guerra in Ucraina e in Medio Oriente, che impongono il blitz. Il titolo del decreto numero 181 del 9 dicembre 2023, pubblicato di sabato nella Gazzetta Ufficiale, non ne fa alcuna menzione: «Conversione in legge del decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181, recante disposizioni urgenti per la sicurezza energetica del Paese, la promozione del ricorso alle fonti rinnovabili di energia, il sostegno alle imprese a forte consumo di energia e in materia di ricostruzione nei territori colpiti dagli eccezionali eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023». Contravvenendo ad ogni disposizione costituzionale che vuole i decreti legge obbligatoriamente limitati a «materie omogenee» e per «casi straordinari di necessità ed urgenza», il Governo, a fine anno, ha deciso di calare l’asso militare per imporre il sito nucleare dentro le basi militari.

Stato di guerra

Una norma di "guerra” per mettere sotto l’egida delle forze armate una scelta che in Sardegna è contrastata a furor di popolo. L’articolo incriminato è l’undici, con un’aggiunta devastante alla norma del deposito unico del 2010: «Il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica pubblica sul proprio sito istituzionale l’elenco delle aree presenti nella proposta di CNAI (Carta nazionale aree potenzialmente idonee n.d.r.). Gli enti territoriali le cui aree non sono presenti nella proposta di CNAI, nonché il Ministero della Difesa per le strutture militari interessate, entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’elenco di cui al primo periodo, possono presentare la propria auto-candidatura a ospitare sul proprio territorio il Parco tecnologico e chiedere al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica e alla Sogin S.p.A. di avviare una rivalutazione del territorio stesso, al fine di verificarne l’eventuale idoneità». Dunque, insieme ai Comuni e alle Regioni, potrà avanzare candidature anche il famigerato «Ministero della Difesa per le strutture militari interessate».

Golpe di competenze

Una sorta di “golpe” costituzionale che scaraventa in un burrone il disposto che assegna il governo del territorio, ognuno per le proprie competenze, ai Comuni, Regioni e Stato, non certo al Ministero della Difesa. Il vulnus, nella sua gravità, è duplice, sul piano delle funzioni costituzionali assegnate agli enti territoriali e su quello del tracotante “imperio militare” messo in campo dal Governo per imporre un piano nefasto avversato senza mezze misure dall’intera Isola.

Vent’anni di lobby

Una decisione che punta a riaprire i termini per l’individuazione del sito unico dopo che da vent’anni le lobby nucleari vengono rispedite al mittente da ogni angolo del Paese, a partire dalla Sardegna. L’operazione, dunque, con questo nuovo decreto prevede una seconda fase, dopo il fallimento della prima.

Tempi supplementari

Il decreto sancisce, infatti, i tempi supplementari per i “volontari” delle scorie radioattive. L’ennesimo tentativo di convincere qualcuno a mettersi in casa quella montagna di rifiuti nucleari, ignorando la possibilità della gestione unitaria dei siti radioattivi già esistenti.

Avanti il prossimo

Il Governo ci riprova: avanti i volontari delle scorie radioattive. Ci mette anche dei soldi, un ridicolo milione di euro. Difficile che qualcuno si faccia avanti, a prescindere dalla promessa di un po' di vil denaro. È per questo motivo che gli strateghi del nucleare incrociano in questa missione del deposito unico la “famelica” disponibilità del Ministero della Difesa, capace per l’occasione di trasformarsi in “ente territoriale”, in barba ad ogni norma costituzionale, come se le basi militari fossero una zona franca, uno Stato indipendente, dove generali e Ministri possono fare quello che vogliono, persino candidare i poligoni di guerra ad ospitare scorie radioattive.

Manu militari

Il piano è chiaro: aver inserito il Ministero della Difesa tra i soggetti che propongono “volontariamente” siti alternativi rispetto a quelli idonei è una sorta di «punto di caduta», ovvero l’imposizione del sito nucleare attraverso il diktat finale, una vera e propria decisione di Stato con i crismi della “manu militari”.

Sardegna nel mirino

Per gli osservatori, quelli più addentro alle vicende nucleari e militari, quell’equazione “sito unico e poligoni disponibili”, si traduce in un solo modo: Sardegna, non foss’altro che l’Isola è depositaria, suo malgrado, di ben 35.000 ettari di aree militari dedite alla distruzione di habitat naturali, paesaggi e inquinamenti di ogni genere, compresi quelli radioattivi, stando alle inchieste delle Procure di Cagliari e Lanusei. Una percentuale di occupazione “guerrafondaia” che ha scaraventato in terra sarda il 65% dei poligoni militari italiani, con una chiara strategia a “nascondere” all’interno di queste immense distese di territorio sardo quel sito radioattivo.

Vizio nucleare

E del resto non sarebbe la prima volta che il Ministero della Difesa “nasconde” dentro i poligoni militari scorie radioattive: lo aveva fatto già nel 2018 quando, di tutta fretta, una volta scoperto un capannone “nucleare” nella base di Teulada, dovette caricare tutto su due elicotteri, in pieno agosto, e trasportare quei fusti radioattivi nella base del Cisam di Pisa. Il passaggio militare del decreto, per la Sardegna, è quello più delicato, visto che la “candidatura” del Ministero della Difesa sarebbe totalmente avulsa da qualsiasi intesa con la Regione, considerato che la sconsiderata “competenza” militare è stata esclusa da passaggi autorizzativi con altri enti territoriali.

Pericolo sardo

Il pericolo, dunque, è altissimo, come non mai. A tremare con la Sardegna ci sono tutti i poligoni sardi, da Teulada a Quirra, da Capo Frasca a Poglina, sino ad arrivare a La Maddalena. Ogni sito sardo potrebbe finire nel mirino di Stato proprio per le caratteristiche di “isolamento” non solo militare ma anche infrastrutturale e logistico di quelle aree. In ballo ci sono sicuramente i due poligoni più vasti d’Italia, Teulada con i suoi 7.200 ettari di estensione, Salto di Quirra con oltre 12 mila ettari. Aree isolate dal mondo, con strade volutamente lasciate a livello di mulattiere di Stato, recinzioni senza eguali. Più ardite sul piano orografico appaiono Capo Frasca e la famosa sede della segretissima «Stay Behind», a Capo Marrargiu, nella base di Poglina. Un caso a parte è quello della base di La Maddalena, nell’Isola di Santo Stefano, isola nell’isola dell’Isola.

I tunnel di La Maddalena

All’interno di quella base-arsenale italiana, in terra sarda, infatti, ci sono gallerie da far invidia a quelle della Striscia di Gaza. Chilometri di tunnel con immensi spazi sotterranei utilizzati, non come una volta, per stoccare armi, missili e bombe di ogni genere. In commissione alla Camera, intanto, è iniziato il confronto. Ci sono anche gli emendamenti già presentati. Qualcuno ha proposto la soppressione di quell’articolo, ma subito dopo gli stessi firmatari della soppressione si sono superati chiedendo al governo di concentrarsi solo sui poligoni esistenti. La Sardegna, dunque, è di nuovo sotto attacco.

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